Il 19 febbraio la procura ha chiesto una condanna a cinque anni di prigione per Milorad Dodik, presidente dell’entità serba della Bosnia Erzegovina.
Dodik, 65 anni, era stato incriminato per non aver rispettato l’autorità e le decisioni del tedesco Christian Schmidt, l’Alto rappresentante per la Bosnia Erzegovina, incaricato di garantire l’applicazione dell’accordo di pace che mise fine alla guerra che tra il 1992 e il 1995 aveva insanguinato questa ex repubblica jugoslava.
In particolare, nel luglio 2023 aveva promulgato, in qualità di presidente della Repubblica Serba (una delle due entità che compongono il paese insieme alla Federazione croato-musulmana), due leggi che erano state annullate da Schmidt.
Approvate dall’assemblea nazionale della Repubblica Serba, le leggi stabilivano che le sentenze della corte costituzionale della Bosnia Erzegovina e le decisioni dell’Alto rappresentante non sarebbero state applicate nell’entità serba.
Denunciando un “atto criminale premeditato”, il procuratore Nedim Ćosić ha chiesto cinque anni di prigione per Dodik, oltre al divieto di ricoprire cariche pubbliche per dieci anni.
L’avvocato di Dodik, Goran Bubić, ha reagito denunciando un “processo politico, il cui obiettivo è eliminare il presidente Dodik dalla vita politica della Bosnia Erzegovina”.
Dodik, nazionalista e sostenitore del presidente russo Vladimir Putin, ha respinto l’autorità di Schmidt fin dal suo arrivo nel paese nel 2021. Anche Mosca considera la sua nomina illegittima, perché decisa dal Consiglio per l’attuazione della pace (Pic), dominato dalle potenze occidentali, senza una ratifica del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
La sentenza sarà emessa il 26 febbraio.
“Da questa sentenza dipendono la pace e la stabilità della Bosnia Erzegovina”, ha avvertito Dodik in aula, rivolgendosi direttamente alla giudice Sena Uzunović, e aggiungendo: “Ma non è una minaccia”.
Di recente Dodik ha più volte ventilato l’ipotesi della secessione della Repubblica Serba nel caso di una sua condanna.
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