Il 18 febbraio la procura generale del Brasile ha incriminato l’ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro per aver pianificato un colpo di stato con l’obiettivo di restare al potere dopo le elezioni dell’ottobre 2022, che sono state vinte dal Luiz Inácio Lula da Silva, il leader del Partito dei lavoratori, oggi al suo terzo mandato come presidente. Bolsonaro è stato accusato anche di sovvertire con la violenza lo stato di diritto democratico e di organizzazione criminale armata. Alle stesse conclusioni era arrivata la polizia federale lo scorso novembre, dopo un’indagine durata due anni.
Bolsonaro nega ogni accusa, si dice vittima di una persecuzione giudiziaria e sostiene che la sua incriminazione sia politicamente motivata, un modo per criminalizzare il suo movimento politico e milioni di brasiliani, e per manipolare le prossime elezioni ancora prima che si svolgano. Si tratterebbe, secondo Bolsonaro, di manovre politiche per impedire ai cittadini di scegliere il loro leader.
Il piano per impedire a Lula di insediarsi e quindi per permettere a Bolsonaro di restare al potere è stato descritto in modo molto dettagliato nel documento di quasi novecento pagine della polizia federale. L’operazione, chiamata Pugnale verde e giallo per i colori della bandiera del Brasile, prevedeva anche degli omicidi, senza dubbio l’aspetto più sconvolgente della vicenda. Un’unità di élite dell’esercito aveva il compito di assassinare Lula, o in alternativa di avvelenarlo, e di uccidere il suo vicepresidente Geraldo Alckmin. Erano previsti anche il rapimento e la probabile uccisione di un giudice della corte suprema, Alexandre De Moraes, che da anni conduce indagini sull’estrema destra brasiliana. Proprio il giudice doveva essere il primo obiettivo dei cospiratori, il 15 dicembre 2022.
Quel giorno i criminali si sono appostati davanti casa sua e hanno aspettato l’arrivo di un decreto presidenziale, che avrebbe autorizzato l’arresto di De Moraes e sospeso i poteri del tribunale elettorale, permettendo a Bolsonaro di bloccare il passaggio di potere. Il decreto però non è arrivato e l’operazione è stata sospesa. Probabilmente una parte dell’esercito si è rifiutata di andare avanti con l’operazione ed è mancato anche il sostegno internazionale, in particolare degli Stati Uniti. Oltre a Bolsonaro sono state incriminate trentatré persone per il tentato di colpo di stato, la maggior parte sono militari che hanno occupato posizioni di alto livello. Tra di loro ci sono anche alcuni ex ministri del governo di Bolsonaro.
Secondo lo storico Carlos Fico, uno dei maggiori esperti della dittatura militare che durò dal 1964 al 1985 e professore all’Università federale di Rio, è particolarmente significativo il fatto che tra gli accusati ci siano tre figure militari di alto rango, cioè il generale Braga Netto, il generale Heleno e l’ammiraglio Garnier Santos. “A sorprendere non è tanto l’incriminazione di Bolsonaro – che è un nostalgico della dittatura – ma quella dei generali”. A differenza di altri paesi latinoamericani, infatti, primo tra tutti l’Argentina, in Brasile i militari che si sono macchiati di crimini e gravi violazioni dei diritti umani durante il regime non sono mai stati giudicati. Non ci sono stati processi e le vittime non hanno avuto giustizia. La loro incriminazione segna quindi un precedente importante.
Anche se il tentativo di colpo di stato del 2022 non è andato a buon fine, è evidente che militari hanno ancora il potere di condizionare la stabilità della democrazia brasiliana. Questo dato preoccupa ancora di più visto che nell’esercito serpeggia un forte malumore verso il governo Lula, che tra l’altro attraversa un momento di difficoltà. Secondo un sondaggio dell’istituto Datafolha pubblicato il 14 febbraio, solo il 24 per cento dei brasiliani valuta positivamente la sua azione come capo di stato, si tratta di undici punti percentuali in meno rispetto alla metà di dicembre 2024. Il 41 per cento dei cittadini pensa addirittura che la sua presidenza sia “pessima o deplorevole”.
Il calo di approvazione è evidente soprattutto tra le fasce della popolazione che avevano sempre sostenuto la sua gestione: donne e cattolici, neri e persone povere. Anche se i dati sulla disoccupazione sono molto buoni – è al 6,2 per cento, il dato più basso dal 2012 – e anche se il paese ha ritrovato un posto di primo piano sulla scena internazionale dopo gli anni della presidenza Bolsonaro, nel 2024 l’inflazione è aumentata e questo ha avuto ricadute sulla vita quotidiana dei brasiliani. I prezzi di alcuni prodotti molto comuni, come caffè, carne, olio di soia, latte e derivati, sono aumentati anche del 50 per cento.
Non sono segnali incoraggianti in vista delle elezioni del 2026. A sinistra Lula non ha ancora ufficializzato la sua candidatura, mentre Bolsonaro è stato dichiarato ineleggibile fino al 2030 per aver diffuso informazioni false sul sistema di voto elettronico. Lui però sostiene di potersi candidare. Nel frattempo l’indagine della procura sarà sottoposta alla corte suprema, che dovrà decidere se portare l’ex presidente di estrema destra a processo e se ordinarne l’arresto prima del giudizio. L’accusa chiede dai dodici ai quarant’anni di carcere, anche se molti esperti escludono la possibilità di una pena così severa. La tenuta della democrazia brasiliana si deciderà nei prossimi mesi.
Questo testo è tratto dalla newsletter Sudamericana.
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