Il governo israeliano ha sospeso l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, chiudendo i varchi di accesso. Una decisione presa durante la riunione notturna del governo, spiega l’ufficio del premier Benyamin Netanyahu, in coordinamento con gli Stati Uniti, dopo il rifiuto da parte di Hamas della proposta fatta dall’inviato presidenziale Usa Steve Witkoff. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha definito «una menzogna» i ripetuti avvertimenti di Hamas sul rischio di carestia a Gaza. Il governo di Tel Aviv sostiene infatti che «i magazzini di Hamas siano pieni di beni, dopo che 25.200 camion di aiuti sono entrati nella Striscia durante gli ultimi 42 giorni di tregua. Secondo le stime, l’organizzazione dispone di scorte sufficienti per almeno quattro mesi».
Il piano di Usa e Israele per estendere la tregua a Gaza
La decisione del governo di Netanyahu rischia di rendere ancora più in salita la strada per arrivare a una proroga del cessate il fuoco a Gaza. «Israele adotta il piano dell’inviato del presidente Trump, Steve Witkoff, per un cessate il fuoco temporaneo durante il mese di Ramadan e la Pasqua ebraica. Siamo pienamente coordinati con il presidente Donald Trump e il suo team», ha dichiarato il premier israeliano. Secondo le informazioni in possesso dello Stato Ebraico, ha precisato Netanyahu, «Hamas tiene attualmente 59 ostaggi: fino a 24 vivi e almeno 35 deceduti. Non abbandoneremo nessuno di loro, e siamo determinati a riportarli tutti a casa». Nel corso della riunione di governo, il premier ha anche assicurato che Israele è pronto per l’inizio della fase due dei negoziati con Hamas.
La protesta di Hamas
E a proposito di negoziati, è proprio il gruppo di miliziani palestinesi a insistere perché venga attuata la seconda fase del cessate il fuoco. «L’unico modo per raggiungere la stabilità nella regione e il ritorno dei prigionieri – ha detto il leader di Hamas Mahmoud Mardawi all’Afp – è completare l’attuazione dell’accordo, iniziando con l’attuazione della seconda fase», che prevede il ritiro delle truppe israeliane da Gaza. Hamas ha protestato contro la decisione di interrompere gli aiuti umanitari da parte Israele, che «ancora una volta conferma il suo disprezzo per le leggi internazionali e impedendo la distribuzione di medicine e cibo». Al canale televisivo qatariota al-Arabi, Hamas aggiunge che «fermare l’ingresso degli aiuti significa far morire di fame i residenti della Striscia di Gaza. Deve essere presa una posizione internazionale dura per fare pressione su Israele affinché fermi tutto questo».
Le condizioni di Tel Aviv
Il governo israeliano ha minacciato «ulteriori conseguenze», qualora Hamas non dovesse accettare la proposta americana di proroga del cessate il fuoco. «Israele non consentirà un cessate il fuoco senza il rilascio dei nostri ostaggi – dice l’ufficio del primo ministro israeliano – Se Hamas continua a rifiutare, ci saranno ulteriori conseguenze». Forte del sostegno americano, Netanyahu prova a fare la voce grossa e, parlando con i media israeliani, detta le sue condizioni: «Voglio essere chiaro: a Gaza non ci saranno pasti gratis. Se Hamas pensa che sia possibile continuare il cessate il fuoco o godere delle condizioni della fase A dell’accordo senza che otteniamo gli ostaggi, si sbaglia di grosso. Hamas ha il controllo di tutte le forniture inviate nella Striscia, maltratta la popolazione che cerca di ricevere gli aiuti, spara contro di loro, e trasforma gli aiuti in un bilancio per il terrorismo contro di noi. Non lo accetteremo», ha attacco il primo ministro israeliano.
Foto copertina: EPA/Haitham Imad | I residenti di Khan Yunis, nella Striscia di Gaza, appendono decorazioni sui resti delle loro case distrutte per prepararsi all’inizio del Ramadan
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