Per capire Trump bisogna seguire la scia dei soldi – Alessio Marchionna

In settimana Trump ha postato la cosa forse più surreale da quando è in politica. È un video che mostra come potrebbe diventare la Striscia di Gaza grazie ai piani della sua amministrazione.

Nel crescendo di immagini assurde c’è un filo conduttore, quello dei soldi. Non tanto i soldi che dovrebbero arrivare a Gaza ma soprattutto quelli che Trump potrebbe guadagnare trasformando la Striscia nella “riviera” del Medio Oriente. Nel video ci sono più elementi reali di quanto sembri. In vari momenti si vede l’ingresso di un grattacielo, con la scritta Trump Gaza, molto simile agli hotel casinò su cui il presidente ha costruito buona parte della sua fortuna, e a un certo punto ci sono le sue statuette (dorate, naturalmente) in vendita sugli scaffali di un negozio, che fanno pensare alle centinaia di cose che Trump vende sul suo sito, tra cui: berretti, carta da regalo, coperte, maglie da football, bandiere per barche, racchette da pickleball, collane, orecchini, cravatte di seta, taglieri, decorazioni natalizie, pantofole, fermacravatte, zerbini, grembiuli, pigiami, calendari dell’avvento, calze di Natale, tazze, portachiavi e tanto altro.

Quando si cerca di interpretare il modo di governare di Trump non bisogna mai dimenticare che la possibilità di ottenere un guadagno personale gioca sempre un ruolo chiave. La vittoria alle presidenziali è stata una manna per lui e per la sua famiglia, peraltro in un momento in cui gli affari non andavano bene. Ty Cobb, un avvocato che ha lavorato per Trump durante il primo mandato e poi ne ha preso le distanze, ha detto al Wall Street Journal che il presidente è diventato molto più sfacciato nel trarre profitto dalla presidenza e nell’ignorare i rischi di conflitti d’interessi, e sta monetizzando al massimo il clima politico che porta aziende e mezzi d’informazione a piegarsi al suo volere.

Finora la famiglia Trump ha ricevuto almeno 80 milioni di dollari a vario titolo da una serie di aziende, che nella maggior parte dei casi hanno pagato per risolvere contenziosi legali. Meta, l’azienda che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, ha accettato di sborsare 25 milioni di dollari (gli avvocati di Trump avevano accusato il social network di Mark Zuckerberg di aver violato le norme sulla libertà d’espressione sospendendo l’account del presidente, dopo la rivolta del 2021 al campidoglio).

A dicembre Abc News, canale d’informazione di proprietà della Disney, ha annunciato che verserà 15 milioni di dollari per mettere fine alle denunce a raffica di Trump contro il presentatore George Stephanopoulos. Un’altra tv, la Cbs, ha comunicato di essere in trattative con il presidente, che l’ha attaccata con l’accusa assurda di aver falsificato un’intervista con la sua avversaria Kamala Harris; secondo i giornali statunitensi la Paramount Global, l’azienda che controlla la Cbs, potrebbe essere costretta a pagare fino a dieci milioni di dollari. Anche Google potrebbe fare un accordo simile per una causa cominciata dopo la rimozione dell’account YouTube di Trump nel 2021.

Gran parte di quei soldi è stata pagata sotto forma di donazioni a un fondo per la biblioteca del presidente, gestito da una non profit la cui missione è “preservare e gestire” l’eredità di Trump.

Poi ci sono le decine di milioni di dollari che in vari modi stanno finendo o finiranno nelle tasche dei parenti stretti del presidente. Amazon, un’azienda che si vanta di essere parsimoniosa nei suoi investimenti e di saper negoziare, ha accettato di pagare quaranta milioni di dollari per realizzare un documentario sulla vita di Melania Trump. È la cifra più alta mai spesa dall’azienda di Jeff Bezos per un documentario e quasi il triplo rispetto all’offerta che si è classificata seconda, spiega il Wall Street Journal: mentre Netflix e Apple si sono rifiutati di fare un’offerta, la Disney ha messo sul piatto 14 milioni di dollari. Nel frattempo Bezos ha fatto varie mosse per entrare ancora di più nelle grazie del presidente, l’ultima qualche giorno fa, quando ha annunciato che la pagina delle opinioni del Washington Post (di sua proprietà) si occuperà di “libertà personali” e “libero mercato”.

La first lady dovrebbe incassare il 70 per cento della somma totale, e sta cercando di massimizzare le possibilità di profitti in altri modi, per esempio cercando di vendere “sponsorizzazioni” per il film, a partire da 10 milioni di dollari, ad amministratori delegati e imprenditori miliardari che erano invitati alla cerimonia d’insediamento del marito. Prima delle elezioni Melania avrebbe chiesto 250mila dollari alla Cnn per accettare di farsi intervistare.

Tra i figli, Donald Jr. è stato finora il più attivo nel fare accordi commerciali che potrebbero trarre vantaggio dalla sua vicinanza al potere. Presentandosi come un paladino della lotta contro il politicamente corretto, sta portando avanti una serie di iniziative imprenditoriali per capitalizzare il cambiamento culturale conservatore guidato dall’amministrazione di suo padre. “Mentre gli investitori tradizionali escludono le aziende che rifiutano di seguire l’ideologia woke, io voglio promuovere queste aziende”, ha scritto su X a gennaio.

Pochi giorni dopo la vittoria del padre, ha annunciato che sarebbe diventato socio di 1789 Capital, una società di capitali di rischio che investe in aziende conservatrici. Tra i suoi investimenti c’è anche la società di comunicazione di Tucker Carlson, ex presentatore di Fox News. “Inoltre Donald Jr. è entrato nell’organigramma di diverse aziende che potrebbero trarre vantaggio dalle politiche federali, dalla spesa del Pentagono alle normative sulle scommesse online fino ai dazi contro le importazioni cinesi”, scrive il Wall Street Journal. Gli annunci del coinvolgimento di Donald Jr. hanno fatto impennare le azioni di quelle aziende. È il caso della Unusual Machines, che produce droni, le cui azioni sono cresciute del 249 per cento dopo che il figlio del presidente è stato nominato consulente.

C’è poi tutto il capitolo delle criptovalute, su cui Trump ha cambiato drasticamente idea durante la campagna elettorale (un tempo le definiva “un disastro annunciato”), anche perché si è reso conto che possono fargli guadagnare tanti soldi. Tre giorni prima di entrare alla Casa Bianca ha approvato il lancio del suo “meme coin”, cioè una criptovaluta ispirata a un meme o a un fenomeno di cultura pop. Si tratta di criptovalute che sono essenzialmente solo un oggetto da collezione senza valore intrinseco, e che sono considerate ancora più volatili e potenzialmente rischiose di quelle normali, perché il loro valore non è legato ad altre monete digitali più stabili o a qualche forma di bene o progetto tecnologico. In poche ore la criptovaluta, che si chiama $TRUMP, è arrivata a una capitalizzazione di circa dieci miliardi di dollari, per poi scendere a circa 3,3 miliardi. Una moneta simile, lanciata il 19 gennaio da Melania Trump, ha una capitalizzazione di mercato di circa 210 milioni di dollari.

Più o meno nello stesso periodo, Trump e i suoi figli Eric e Donald Jr. hanno contribuito a lanciare World Liberty Financial, una società di criptovalute che ha raccolto più di 300 milioni di dollari vendendo il suo token digitale, $WLFI. E subito dopo essersi insediato alla Casa Bianca, Trump ha firmato un ordine esecutivo per stimolare il settore e ha più volte fatto capire di voler allentare le regolamentazioni, creando le basi per il crollo dell’intero sistema finanziario.

Come le aziende della Silicon valley, anche quelle del settore delle criptovalute hanno finanziato Trump per ottenere aiuti e ricompense. Il caso più eclatante è quello di Coinbase, una piattaforma di scambio di criptovalute che nel 2023 è stata messa sotto inchiesta dalla Securities and exchange commission (Sec, l’ente di regolamentazione finanziaria) per aver violato le regole che impongono alle società di broker di registrarsi. Durante la campagna elettorale i dirigenti di Coinbase hanno donato 75 milioni di dollari a un comitato di raccolta fondi che ha sostenuto molti candidati repubblicani al congresso e dopo la vittoria di Trump hanno versato un milione di dollari per la sua cerimonia d’insediamento. Giorni fa la Sec ha archiviato il procedimento contro la piattaforma, che di recente ha anche assunto Chris LaCivita, il manager della campagna elettorale di Trump, per curare i rapporti con la Casa Bianca e con il congresso.

A gennaio il New York Times ha pubblicato una guida illustrata a tutti i potenziali conflitti d’interesse di Trump, mentre il Guardian si è concentrato su altri componenti della famiglia.

Ci sarebbe poi da aprire un capitolo sui potenziali conflitti d’interessi tra i ministri dell’amministrazione Trump, molti dei quali sono miliardari; e un altro su Elon Musk, che alla guida del dipartimento per l’efficienza governativa sta cercando di prendere il controllo di un governo che negli anni gli ha concesso appalti per almeno 38 miliardi di dollari, giustificando i licenziamenti di migliaia di persone con la necessità di combattere la corruzione nell’amministrazione pubblica. È facile immaginare che nei prossimi anni guadagnerà ancora di più: giorni fa la Federal aviation administration ha accettato di usare il suo sistema internet Starlink per aggiornare le reti informatiche che gestiscono lo spazio aereo statunitense.

Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.

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