La città si era tinta di rosso. Il 19 febbraio, a Maranello, è stata svelata la nuova monoposto Ferrari in vista del prossimo campionato di Formula 1. Il nuovo pilota della scuderia del cavallino, Lewis Hamilton, era arrivato nella prima mattinata da Londra, nel Regno Unito, per provarla. La pista di Fiorano, dove la Ferrari esegue i suoi test, non è una struttura pubblica, dunque non ci sono posti a sedere.
Ciononostante la polizia è stata costretta a creare un cordone di sicurezza nelle strade attorno al tracciato, e a una pista ciclabile su un ponte, mentre migliaia di persone si arrampicavano sulle recinzioni, sui pali e perfino sulle scale portate da casa pur di vedere la nuova auto in azione. Qualcuno ha abbattuto un albero per avere una visuale migliore, tra gli applausi degli altri tifosi e probabilmente mandando su tutte le furie l’amministrazione comunale.
Charles Leclerc, nella squadra fin dal 2019 e vincitore di otto gran premi al volante della Ferrari, è spesso chiamato “il predestinato”, ma quel giorno è sembrato evidente che la grande attrazione fosse il suo nuovo compagno britannico, sette volte campione del mondo. In molti hanno ricordato che una folla di questo tipo per una nuova Ferrari non si vedeva dai tempi dell’arrivo nel 1996 di Michael Schumacher, all’epoca campione in carica. La cittadina emiliana – come sempre tappezzata di annunci che invitano a provare uno dei modelli Ferrari destinati alla guida su strada, e piena di negozi che vendono magliette a prezzi assurdi, bandiere, modellini e perfino dischi dei freni per gare professionistiche – era popolata da una folla che faceva la fila per scattare una foto davanti allo storico cancello della fabbrica.
La Ferrari è un marchio inconfondibile, ma anche Hamilton ha un seguito notevole
Anche se non si è trattato di un evento sportivo in senso stretto, mentre sbirciavo attraverso gli alberi una singola vettura che effettuava un giro di pista dopo l’altro mi sono ricordato di quando da bambino ho visitato il vicino tracciato di Imola insieme a mio padre, nei giorni del grande entusiasmo italiano per “il Kaiser” Schumacher. Stavolta non c’erano posti a sedere, informazioni o classifiche dei tempi, solo il piacere di esserci, di fare parte di una folla entusiasta, di sentire il rombo di un motore di Formula 1 coprire il rumore del traffico. Uno studente con cui ho parlato era venuto da Firenze per vedere la nuova Ferrari, ma non era ancora sicuro di poter esprimere un giudizio su Hamilton. Resta il fatto che il ragazzo aveva dedicato un’intera giornata alla missione di vederlo sfrecciare per una manciata di volte davanti ai suoi occhi.
Considerata come una nazionale italiana, anche se non ha un pilota italiano a tempo pieno da più di trent’anni, la squadra ha spesso rivolto lo sguardo all’estero per cercare i suoi eroi. La Ferrari è un marchio inconfondibile, ma anche Hamilton ha un seguito notevole, con i suoi amici vip (Kim Kardashian, Pharrell Williams) che gli garantiscono una fama che va oltre l’ambiente della Formula 1. Alcuni tifosi non apprezzano questo aspetto, soprattutto quelli che si considerano difensori della tradizione. Non tutti gradiscono il recente successo della serie Netflix Drive to survive (Dts), incentrata sul gossip che circonda i protagonisti dello sport. Le puntate hanno portato alla Formula 1 un nuovo pubblico, più giovane e non solo maschile, ma per qualcuno essere un fan di Dts significa essere un finto tifoso, per non dire un intruso.
Hamilton è un parafulmine per tutte queste critiche. Anche se ha quasi quaranta milioni di follower su Instagram (il triplo rispetto all’attuale campione del mondo, il suo rivale Max Verstappen), è una figura che polarizza l’opinione pubblica. Di solito ci si divide sulle gare, come succede in tutte le rivalità sportive, ma nel suo caso la particolarità è che alcuni fan disprezzano la sua immagine woke. I motivi sono diversi: Hamilton parla in modo poetico della lotta contro le difficoltà (ha un tatuaggio con la scritta “E ancora mi innalzo”), indossa magliette con gli slogan del movimento Black lives matter, sfoggia gioielli nonostante le autorità della Formula 1 gli abbiano chiesto di non farlo, ha portato un casco con la bandiera lgbt+ al gran premio dell’Arabia Saudita, è vegano e quattordici anni fa ha scherzato dicendo che era trattato in modo diverso dagli altri “perché sono nero”.
A febbraio dell’anno scorso, poco prima dell’inizio della stagione, è arrivato l’annuncio che avrebbe fatto parte della più antica squadra di Formula 1. La notizia ha fatto aumentare l’attenzione su questo sport (l’incontro tra due grandi nomi, famosi anche per chi non ha mai sentito parlare di scuderie come la McLaren o di grandi piloti come Leclerc) e anche diverse critiche. Nei mesi trascorsi da allora una serie di notizie false (a volte innocue) ha esasperato la presunta incompatibilità di Hamilton con la tradizione, alimentando il timore che questo possa turbare l’ambiente della Ferrari. Qualcuno ha diffuso la voce che il pilota aveva chiesto una carbonara vegana in un ristorante di Maranello o che pretendesse dalla squadra che la vettura fosse verniciata di nero per omaggiare il movimento Black lives matter (quella precedente, la Mercedes, l’aveva fatto nella stagione 2020-2021).
Hamilton ha provato ad accorciare le distanze, per esempio pronunciando frasi in italiano abbastanza complesse (leggendole dal suo telefono), uno sforzo che generalmente gli atleti britannici non fanno. Di sicuro è apprezzabile che abbia mostrato umiltà e abbia accettato il rischio di trovarsi in una situazione delicata. Eppure perfino la sua evidente felicità per il fatto di far parte della Ferrari, anche se nella fase finale della sua carriera (ha quarant’anni, un’età decisamente alta per un pilota di Formula 1) ha suscitato polemiche. In ogni caso la forza della sua immagine è innegabile: lo scorso gennaio una sua foto fuori dal quartier generale della Ferrari con un cappotto nero poggiato sulle spalle, nello stile del fondatore della scuderia e patriarca Enzo Ferrari, è diventata il post su Instagram più visto nella storia della Formula 1, con più di cinque milioni di like.
Che dire degli aspetti più controversi del nuovo pilota? Alcuni mezzi d’informazione hanno cercato di scoprire (apparentemente senza successo) se davvero Hamilton abbia mangiato piatti vegani nel famoso ristorante Cavallino di Maranello. Il fatto che riviste come Men’s Health si siano domandate in cosa consista un pasto vegano dimostra fino a che punto Hamilton sia capace d’indirizzare l’attenzione dell’opinione pubblica.
Il 19 febbraio, a Maranello, la mia compagna e io ci siamo fermati in un locale che fa pizze con i nomi degli ultimi piloti della Ferrari (olive e salame per lo spagnolo Fernando Alonso, per esempio). La pizza Hamilton, fortunatamente, non era basata sulla nazionalità britannica del pilota, ma era una margherita con friarielli. La combinazione tra mozzarella fior di latte e verdure era un chiaro tentativo di “rappresentare” il veganesimo di Hamilton, anche se non del tutto riuscito.
Gli italiani s’innamoreranno di lui? I mezzi d’informazione britannici, visibilmente emozionati all’idea del matrimonio tra la rossa e il pilota, si sono rivolti a diversi opinionisti che vivono a Roma. Il paragone più ricorrente è quello con Nigel Mansell, imprevedibile e schietto pilota britannico dei primi anni novanta soprannominato “il leone”, che secondo i giornalisti (almeno quelli britannici) aveva un temperamento “latino”. Senza dubbio le aspettative per l’arrivo di Hamilton sono legate alla percezione di un miglioramento nella competitività della Ferrari, che nel 2024 ha vinto cinque gare (su 24) e nel 2025 si presenta con una discreta possibilità di conquistare il titolo. Un ex dipendente della scuderia, oggi tassista, ci ha spiegato di non avere un’idea precisa sulle possibilità di Hamilton di farcela, ma ha aggiunto di nutrire la speranza che la sua esperienza tecnica possa spingere la squadra verso vittorie future.
In Italia i politici hanno l’abitudine di strumentalizzare i successi sportivi, un aspetto che in questo caso può risultare piuttosto sgradevole. In occasione del Gran premio d’Italia del 2018, in cui la Ferrari aveva poi ottenuto il primo e il secondo posto sulla griglia di partenza, Giorgia Meloni aveva dichiarato: “Con l’unica cosa rossa per la quale faccio il tifo!”. Matteo Salvini aveva fatto la stessa battuta il giorno prima: “Dai box Ferrari a Monza, l’unico rosso che mi piace!”. Quella volta le Ferrari erano state battute proprio da Hamilton. Durante il gran premio di Monza del 2023, la presidente del consiglio italiana ha addirittura spiegato che il “tempio della velocità” era un esempio di come “dobbiamo correre di più per far correre la nazione”.
Pur non corrispondendo esattamente all’archetipo dell’atleta di sinistra (se non nella mente di alcuni commentatori esagitati), Hamilton si è effettivamente schierato a sostegno delle cause che ritiene gli siano più vicine, motivo per cui è ritenuto più coinvolto sui temi woke rispetto al resto del mondo della Formula 1. Se riuscirà a vincere il suo ottavo titolo mondiale con la Ferrari, forse le voci critiche saranno ridotte al silenzio.
Per noi britannici immigrati in Italia, la speranza è che ci riesca e che il suo fascino conquisti anche gli italiani.
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Sorgente ↣ : La sfida di Lewis Hamilton per conquistare gli italiani – David Broder