Il 13 marzo il Kirghizistan e il Tagikistan hanno firmato uno storico accordo sulla delimitazione della frontiera comune che mette fine a una disputa che durava da trent’anni, legata anche al controllo delle risorse idriche.
L’accordo è stato firmato dal presidente kirghiso Sadır Japarov e dal suo collega tagico Emomalī Rahmon nel corso di una cermonia a Biškek, la capitale del Kirghizistan.
“Da oggi e per sempre il confine tra Kirghizistan e Tagikistan simboleggerà l’amicizia tra i nostri paesi”, ha affermato Japarov in un comunicato congiunto.
Secondo il governo kirghiso, “l’accordo contribuirà a rafforzare la sicurezza, la stabilità e lo sviluppo sostenibile dei due paesi e dell’intera Asia centrale”.
Rahmon ha parlato di un “accordo storico”, firmato trentatré anni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
I due leader hanno anche annunciato la riapertura della frontiera comune e il ripristino dei collegamenti aerei diretti.
Alla fine di febbraio il Kirghizistan aveva rivelato i dettagli dell’accordo, che prevede uno scambio di territori intorno al confine, dove già in epoca sovietica si erano formate delle enclave.
Secondo una stima delle autorità kirghise, il Kirghizistan otterrà circa venticinque chilometri quadrati di terreni, in cambio di una superficie equivalente o di un migliore accesso alle risorse idriche comuni.
L’accordo rientra in un contesto di generale miglioramento delle relazioni tra le cinque ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan).
L’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Ocs), che comprende tra gli altri la Russia, la Cina, l’India, l’Iran e i paesi dell’Asia centrale, ha accolto con favore la firma dell’accordo.
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