Il ritardo del Pnrr sui posti letto degli universitari: «Solo il 19% in cantiere, molte sedi universitarie escluse»

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Come stanno procedendo gli investimenti del Pnrr per risolvere il problema della scarsità di posti letto per gli studenti universitari? La risposta è male, anzi, “È tutto sbagliato”. Così si intitola il report presentato oggi dall’Unione degli Universitari (Udu), che mette in evidenza l’emergenza nell’edilizia abitativa per gli studenti. Secondo il documento, le politiche attuate finora «non solo non rispondono alle reali necessità degli studenti, ma hanno privilegiato in modo eccessivo gli interessi privati» commenta Damiano di Giovanni dell’esecutivo nazionale di Udu. Per dare un’idea della portata del problema, a fronte di 900mila studenti in tutta Italia attualmente, attualmente sono disponibili soltanto 46.193 posti letto pubblici, che coprono appena il 5% della domanda. E gli obiettivi fissati dal Pnrr sono ancora lontanissimi dall’essere raggiunti.

Solo 11mila i posti letto realizzati

Il Pnrr aveva fissato un obiettivo di 60mila nuovi posti letto negli studentati, da realizzare entro giugno 2026 con i fondi destinati all’istruzione. Ma il risultato è distante. Al 15 marzo, i posti finanziati erano appena 11.275, circa il 19%. A complicare ulteriormente la situazione c’è la preoccupazione che i fondi destinati all’istruzione vengano dirottati per finanziare il piano di riarmo europeo, il Rearm Europe. «Questi fondi che dovrebbero servire per la crescita dell’istruzione vengono invece utilizzati per la difesa. L’Europa, che dovrebbe riconquistare la fiducia dei cittadini, si prepara alla guerra», ha sottolineato Elisabetta Piccolotti, deputata di Avs, in collegamento alla conferenza stampa.

La distribuzione sul territorio

Per fare un paragone, si legge sempre nel report, in Germania sono disponibili quasi 200mila posti letto per universitari, mentre in Francia ce ne sono quasi 175mila. Ma oltre alla quantità si aggiunge, in Italia, il problema di come questi siano stati distribuiti sul territorio nazionale, «la collocazione è fortemente disomogenea – dicono da Udu – sembra casuale, priva di una strategia chiara, senza una visione complessiva» e ha portato all’esclusione di intere città universitarie e di intere regioni. Ad esempio, in Umbria non sono previsti nuovi posti letto. Al contrario, alcune regioni come la Lombardia (con 2.621 posti), l’Emilia-Romagna (4.232 posti), la Toscana (4.142 posti) e il Lazio (3.630 posti) hanno una maggiore disponibilità, mentre altre, come la Basilicata (110 posti), l’Abruzzo (243 posti), il Friuli-Venezia Giulia (963 posti), la Liguria (115 posti) sono notevolmente svantaggiate.

I prezzi delle stanze

Per quanto riguarda il caro affitto, nel 2024 i canoni per una stanza singola sono aumentati del 7% rispetto all’anno precedente, con un costo medio che ha raggiunto i 461 euro al mese. E la domanda di posti letto nelle residenze universitarie continua a superare di gran lunga l’offerta, con richieste che spesso triplicano la disponibilità. In tre anni, secondo i calcoli di Udu, gli affitti sono aumentati del 38%. Per esempio, se nel 2021 una stanza singola costava in media 335 euro, nel 2024 il costo è salito a 461 euro. Le città più care sono Milano, Bologna, Roma, Venezia e Firenze, dove gli aumenti negli ultimi cinque anni sono stati significativi, con percentuali che vanno dal 10,2% a Milano fino al 19% a Venezia. Ma anche altre città, come Padova, hanno visto aumenti vertiginosi: dal 2019 allo scorso anno, gli affitti sono aumentati del 38%, mentre a Bari l’incremento è stato del 40%, a Napoli del 24,5% e a Genova del 18%.

Strutture gestite da privati o religiosi

Inoltre, gli studenti dell’Udu sostengono che solo 2959 posti letto sarebbero di nuova costruzione, mentre negli altri casi si tratterebbe di interventi su strutture già esistenti. La gran parte dei finanziamenti, poi, sarebbero stati destinati a strutture gestite da privati, anche religiosi, con costi d’affitto molto elevati, in alcuni casi superiori ai mille euro.

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