Stremati dallo stop alle forniture di aiuti umanitari, in piena emergenza sanitaria e ancora sotto le bombe, gli abitanti della Striscia di Gaza sembrano aver preso in mano la situazione e, da tre giorni consecutivi, scendono in piazza per protestare contro Hamas. A darne notizia è il Times of Israel, che ha pubblicato una serie di video in cui si vedono folle di palestinesi radunati a Jabalia, nel nord della Striscia, con cartelli in mano su cui si legge “Fuori Hamas” oppure “Il popolo vuole rovesciare Hamas”.
Proteste su cui, per due giorni, si è registrato l’assoluto silenzio del movimento palestinese, interrotto soltanto ieri da una dichiarazione ufficiale, in cui si sostiene – senza fornire alcuna prova – che le manifestazioni sarebbero state orchestrate dai servizi segreti israeliani per screditare Hamas davanti alla comunità internazionale.
Sempre secondo il comunicato stampa, “le persone chiedono di fermare l’aggressione, ma il nemico e altre parti con programmi politici stanno deviando le proteste spontanee per servire l’agenda dell’occupazione, cercando di dipingerle come se i dimostranti fossero contro la resistenza”, ha dichiarato l’alto responsabile di Hamas Basem Naim, al canale qatariota Al Arabiya.
“Via i terroristi dalla Striscia”, a Gaza e Jabalia scoppia la rivolta dei palestinesi contro Hamas
A smentirlo è stato però Jamal Nazal, portavoce del partito palestinese Fatah – rivale di Hamas – e membro del Consiglio rivoluzionario, con un post su X in cui afferma che il gruppo mente, in quanto “le proteste a Gaza sono dirette contro Hamas e anche contro Israele”, che insieme “hanno oppresso e ucciso il popolo palestinese a Gaza negli ultimi anni”. “Le proteste contro Hamas non si fermeranno e la gente di Gaza non ha nulla da perdere”, ha aggiunto, spiegando che continueranno a manifestare per dimostrare che “l’ideologia sostenuta” dal gruppo armato palestinese “è del tutto tramontata”.
Sulla vicenda è intervenuto anche il portavoce della Commissione europea per la politica estera, Anouar El Anouni, sostenendo la posizione di Fatah: “L’Unione europea prende atto delle manifestazioni che si stanno svolgendo in tutta la Striscia di Gaza e sostiene il diritto dei gazawi a manifestare pacificamente per costruire un futuro migliore per loro stessi. Abbiamo già affermato e ribadiamo che non dovrà esserci alcun ruolo futuro per Hamas nel governo di Gaza”.
La guerra in Medio Oriente si infiamma
Consapevole di queste proteste, che potrebbero intensificarsi nei prossimi giorni, il governo israeliano sembra esultare e, ritenendo sempre più vicina la capitolazione del movimento terroristico, ha aumentato l’intensità degli attacchi nella Striscia.
Pesanti raid hanno colpito un campo profughi nel centro dell’enclave palestinese, con la rete Al Jazeera che punta il dito contro droni israeliani accusati di aver aperto il fuoco sulle tende degli sfollati, causando almeno 11 vittime.
Pioggia di bombe anche sulla città di Jabalia, dove sono state registrate diverse vittime, tra cui il portavoce di Hamas, Abdel-Latif Al-Qanoua, e numerosi civili feriti.
Le forze armate guidate da Benjamin Netanyahu non si sono fermate qui: sono stati colpiti anche il sud del Libano – con la morte di tre persone che, secondo l’IDF, farebbero parte di Hezbollah – e il porto della città siriana di Latakia.
Israele si spacca sulla riforma della Giustizia voluta da Netanyahu
Ma per Netanyahu non è tutto oro quel che luccica. Proprio ieri, il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato una proposta di legge per modificare la composizione della commissione responsabile della nomina dei giudici della Corte Suprema, con 67 voti favorevoli su 120.
Una riforma della giustizia fortemente contestata dalle opposizioni, che hanno già annunciato un ricorso, sostenendo che l’unico scopo sia quello di “garantire che i giudici diventino subordinati alla volontà dei politici al governo”.
“Questo accade mentre 59 ostaggi sono ancora a Gaza. Invece di concentrare tutti gli sforzi per riportarli a casa, questo governo sta portando avanti, ancora una volta, la stessa proposta di legge che ha diviso l’opinione pubblica prima del 7 ottobre”, hanno dichiarato. Il riferimento è alle ampie proteste popolari culminate nello sciopero generale del marzo 2023, nate dal timore che la riforma serva solo a tutelare Netanyahu dai procedimenti penali a suo carico.
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