Dentro al microcosmo dell’isola – Giovanna D’Ascenzi (Foto)

Quando esprimiamo il desiderio di fuggire in un angolo remoto del pianeta, lontano da città invivibili, cos’abbiamo in mente? Vogliamo metterci alla prova con un’avventura, realizzare un’utopia, ritrovare noi stessi o solo staccare, con la sicurezza di tornare in quel rifugio così confortevole che ci ha fatto scappare? Le motivazioni potrebbero essere ancora altre, misurate sulle opportunità e sul vissuto di ognuno. E poi, arrivati nel nostro angolo remoto, che aspettative abbiamo? Leggiamo, studiamo, pensiamo di avere qualche tipo di conoscenza, sia del luogo che di noi stessi, ma siamo veramente sicuri?

Una risposta potrebbe essere coltivare l’incertezza come metodo di scoperta. Così, con tante idee in testa, Gabriele Chiapparini e Camilla Marrese hanno preso la loro apparecchiatura fotografica e da Bologna si sono trasferiti su un’isola del Mediterraneo, aspra e inospitale, in un periodo in cui non accoglie molti visitatori. Nell’inverno del 2020, per tre mesi, hanno cercato risposte a delle domande, ritrovandosi spesso all’interno di un rompicapo in cui ogni storia prende direzioni diverse.

Da questa permanenza è nato il libro Thinking like an island, concepito come il tentativo di esplorare e comprendere un’isola, di cui gli autori non vogliono specificare il nome perché così può incarnare ogni luogo lontano dalle dinamiche della vita urbana, che sia in mezzo al mare o su una montagna. Per loro la fotografia è stata un metodo di conoscenza, che li ha aiutati a evitare gli stereotipi e a deludere le aspettative. Hanno interagito e vissuto con gli abitanti di quest’isola, una cinquantina, e i loro racconti sono diventati una parte attiva del progetto. Chiapparini e Marrese si sono ritrovati davanti a una molteplicità che non poteva essere rappresentata in un solo modo.

Usando macchine sia digitali sia analogiche, hanno alternato il colore, tenue come se aleggiasse sempre un’ombra, al bianco e nero, con cui realizzano gli scatti più misteriosi, come se provenissero da un altro pianeta. Le persone, gli oggetti, il paesaggio e i suoi elementi sono stati ritratti con stili diversi: dalla classica posa di un pescatore sulla spiaggia al dettaglio e lo still life, fino all’astrazione di una luce riflessa su un mare nero, così nero che potrebbe essere un fondale, una tela.

“Cambiavamo continuamente il nostro baricentro perché scoprivamo cose nuove e pensavamo ogni volta di aver capito bene il luogo, ma poi bastava girare l’angolo per capire che non avevamo capito niente” raccontano gli autori. Lasciata l’isola sono tornati sulla terraferma con un caos sostanziale a cui volevano dare un senso, però non con una visione univoca ma mettendo accanto i tanti modi diversi di vivere lo stesso spazio con cui si erano confrontati. Dovendo dare inevitabilmente un’interpretazione alla loro esperienza, per costruire il libro i due fotografi trovavano impossibile scegliere una sequenza lineare che guidasse troppo il lettore. Dopo vari tentativi, l’editrice Tiffany Jones, fondatrice di Overlapse, ha suggerito una struttura composta da una copertina che al suo interno contenesse quattro piccoli libri, consultabili separatamente ma che potessero anche interagire per formare immagini più grandi.

In Thinking like an island Chiapparini e Marrese s’immergono in un microcosmo, lo scompongono e lo ricompongono per restituirci lo spaesamento e le contraddizioni che hanno affrontato durante questo viaggio. È un lavoro stratificato, che non parla solo di isole ma di come possiamo interagire con l’interpretazione di una realtà frammentaria.



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