Da bambina Eleonora Agostini ha trascorso molto tempo nel ristorante di famiglia, a Mirano, in provincia di Venezia, dove sua madre Sabrina serviva ai tavoli. L’ha osservata per anni, registrando i suoi gesti e le sue posture. Era colpita da come la sala del ristorante agisse sulla madre, facendola sembrare diversa da come la vedeva fuori da quel palcoscenico. La tenuta da cameriera la trasportava in uno spazio pubblico in cui doveva essere sempre gentile e disponibile.
“Quando qualcosa la infastidiva o la faceva arrabbiare, ero estremamente colpita da come riusciva a nascondere i suoi sentimenti”, racconta. “A volte mia madre interrompeva le nostre conversazioni perché i clienti non potevano più aspettarla. Mi ha sempre incuriosito, e allo stesso tempo irritato, il modo in cui era gentile con gli altri, la naturalezza con cui riusciva a passare dalla rabbia alla gentilezza, dal risentimento all’educazione, al punto da dubitare che stesse fingendo, e che non le importasse altro che i suoi clienti. A casa non mi parlava mai di questi sentimenti, e per questo sono cresciuta con un’idea precisa di lei, come di una persona che non mostra debolezza emotiva o mancanza di controllo”.
Durante gli studi in fotografia al Royal college of art di Londra, Eleonora Agostini è tornata sulla memoria di quei gesti e ha deciso di ritrarre sua madre in studio, nuda, per fissare quello che ricordava senza il filtro della divisa. Da qui nasce l’idea di un’indagine sull’essere cameriera: una raccolta di fotografie, materiali d’archivio, collage, appunti sui clienti che la madre annotava sul bloc notes delle ordinazioni che diventano strumenti di ricerca per analizzare la teatralità del quotidiano e la funzione del corpo come tramite tra osservatore e osservato.
Tra performance e documentazione
“Per me la performance e la staged photography sono due termini che vanno di pari passo, ma nella mia fotografia c’è sempre qualcosa che succede prima: esiste cioè un’attività vera che poi viene ricreata e documentata con il tramite della messinscena”, spiega l’autrice. “In A study on waitressing, attraverso gli scatti in studio e le foto d’archivio, racconto l’attività che succede nello spazio del ristorante, ed è performativa perché per tutto il tempo in cui abbiamo scattato in studio mia madre non si è praticamente mai fermata, ricreando veramente quelli che erano i movimenti, le gestualità o anche delle situazioni improvvise che potevano capitare. Io creavo la narrazione guidandola, chiedendole per esempio di muoversi come se le fosse caduto qualcosa, come se dovesse raccogliere qualcosa oppure dare una bottiglia d’olio a un cliente”.
Affidandosi alle teorie del sociologo canadese Erving Goffman raccolte in The presentation of everyday life, Agostini si interroga su quanto lo sguardo pubblico influisca sugli atteggiamenti di una cameriera che interpreta il proprio ruolo incarnando compostezza e professionalità, stando attenta a non tradire le aspettative degli altri.
“C’è tutta la parte che io definisco del palcoscenico, quella dei sorrisi, delle gambe tenute in una certa maniera, in cui mia madre è amichevole, efficiente e anche un po’ invisibile nella sua complessità personale”, continua Agostini. “La serie delle gambe è stampata su carta diversa rispetto al resto, una carta patinata. Da un lato ci sono le sue gambe in divisa, mentre lavora come cameriera; dall’altra le sue gambe al mare o in altre situazioni, con foto prese dall’archivio di famiglia. L’accostamento è volto a mostrare quanto certi atteggiamenti, certe pratiche vengano interiorizzate e diventino parte della prossemica di una persona”.
Ne scaturisce una riflessione sul rapporto tra immagine, rappresentazione e performatività propria delle teorie femministe, che mettono in discussione il ruolo tradizionale della donna in un ambiente pubblico.
Nel 2023, con A study on waitressing Eleonora Agostini è tra i finalisti del premio Luigi Ghirri e, l’anno successivo, è tra gli autori del Foam talent di Amsterdam, una open call biennale che seleziona gli artisti più interessanti del panorama fotografico internazionale. Il progetto è stato esposto alla Galleria Cartacea di Bergamo e, di recente, alla Fonderia 20.9 di Verona, in una mostra personale in cui l’artista ha ricreato una struttura simile a quella del ristorante di famiglia e che permetteva ai visitatori di entrare da una parte all’altra della sala ristorante allestita per l’occasione. Nel 2024 A study on waitressing è diventato un libro pubblicato da Witty Books.
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Sorgente ↣ : Studio su una cameriera – Daria Scolamacchia (Foto)