Netanyahu “no alla tregua di cinque anni proposta da Hamas”

Almeno per il momento, Israele ha spento la speranza in un accordo di pace nella Striscia di Gaza. Come riferiscono i media locali, un alto funzionario politico del governo di Benjamin Netanyahu ha rifiutato la proposta di Hamas per un cessate il fuoco di cinque anni, in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e della contestuale liberazione di un gran numero di detenuti palestinesi.

“Alcuni Paesi arabi stanno proponendo idee come quella di fermare la guerra per 5 anni”, ha osservato uno dei mediatori di Netanyahu, aggiungendo che al momento “non c’è alcuna possibilità che accetteremo una tregua con Hamas che gli permetterebbe solo di riarmarsi, riprendersi e continuare la sua guerra contro lo Stato di Israele con maggiore intensità”.

Una doccia fredda per i mediatori egiziani e qatarini che da giorni lavorano a un accordo e che, nelle ultime ore, avevano ribadito il loro “grande ottimismo”, frutto dei “notevoli progressi” registrati nei negoziati tra le parti, che sembrava presagire una felice conclusione della trattativa.

Netanyahu gela le speranze di pace: no alla tregua di cinque anni proposta da Hamas

Sfortunatamente, le cose non sono andate così e ora la pace, in realtà sempre rimasta aggrappata a una flebile speranza, appare più lontana che mai. Quel che è peggio è che le lancette del tempo sembrano essere tornate indietro di qualche mese, visto che le operazioni militari dell’esercito israeliano (Idf) sono in vertiginoso aumento e si stanno rapidamente allargando ad altre aree del Medio Oriente, mandando in fibrillazione il mondo intero.

Soltanto nelle ultime 24 ore, la pioggia di bombe che si è abbattuta sulla Striscia di Gaza ha causato, secondo quanto riporta la Protezione civile palestinese, almeno 50 vittime. A riferirlo è il funzionario della Protezione civile a Gaza, Mohammed al-Moughair, che con amarezza fa notare che, dopo aver rotto la tregua due mesi fa, le forze di Netanyahu hanno lanciato una poderosa offensiva nella Striscia, causando nella giornata di ieri “oltre cinquanta martiri a causa dei continui attacchi aerei israeliani sulla Striscia di Gaza”.

Quel che è peggio è che la guerra si sta nuovamente allargando al Libano, con una serie di raid dell’aviazione di Israele che, secondo la comunità internazionale, costituiscono l’ennesima “violazione del cessate il fuoco” siglato più di tre mesi fa con i miliziani sciiti di Hezbollah. Un attacco che è stato preceduto dall’ormai consueto “ordine di evacuazione” diramato dall’Idf, a seguito del quale è scattato il raid che ha colpito la parte sud della capitale del Libano, Beirut, distruggendo – secondo quanto riferisce l’Idf – un deposito di “missili a lunga gittata” di Hezbollah.

A darne notizia sono state le stesse forze armate di Israele, rivelando che “su istruzioni del primo ministro Netanyahu e del ministro della Difesa Israel Katz, l’esercito ha colpito un deposito a Beirut dove Hezbollah aveva immagazzinato missili di precisione, costituendo una minaccia significativa per lo Stato di Israele”.

Un blitz che rischia di non essere l’ultimo, visto che l’ufficio politico del leader di Tel Aviv, commentando l’attacco su Beirut, ha dichiarato che “Israele non permetterà a Hezbollah di rafforzarsi e rappresentare una minaccia in nessuna parte del Libano”, avvertendo che ritiene il governo libanese “direttamente responsabile” per aver fatto troppo poco per impedire il ripristino del gruppo filo-iraniano nel Paese.

Verso l’escalation

Quel che è peggio è che l’escalation potrebbe estendersi ulteriormente, visto che Netanyahu continua a minacciare l’Iran di possibili azioni militari. Secondo quanto dichiarato dal primo ministro di Israele, infatti, “in un modo o nell’altro, l’Iran non avrà armi nucleari”, e ciò potrà avvenire soltanto smantellando “tutta l’infrastruttura del programma atomico iraniano”.

Sempre il leader di Tel Aviv, che nelle settimane scorse avrebbe avuto un diverbio con Donald Trump, il quale gli chiedeva di rinunciare ad attaccare Teheran finché è aperto il tavolo di trattative sul nucleare, ha aggiunto – con parole che lasciano presagire il peggio – che Israele “non può vivere senza raggiungere questo obiettivo”, visto che rinunciarvi “potrebbe portare al risultato opposto, perché l’Iran dirà: va bene, non arricchirò l’uranio” per poi aspettare “l’arrivo di un altro presidente americano” e quindi “riprendere il programma” per costruire l’arma atomica.

Parole a cui ha risposto a distanza Trump, sostenendo di credere che “presto avremo un accordo sul nucleare con l’Iran”, evitando così di dover “iniziare a sganciare bombe dappertutto”. Dichiarazioni di Netanyahu che sono state commentate anche dal ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, secondo cui “l’illusione di Israele di poter dettare cosa l’Iran possa o non possa fare è così fuori dalla realtà che a malapena merita una risposta. Tuttavia, quello che colpisce è come spudoratamente Netanyahu stia ora dettando cosa il presidente Trump possa e non possa fare nella sua diplomazia con l’Iran”.

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