Gli aiuti alimentari ai rifugiati rohingya saranno dimezzati, annuncia il Pam

Le Nazioni Unite hanno avvertito che a partire da aprile, in assenza di finanziamenti dell’ultima ora, dimezzeranno le razioni alimentari distribuite a più di un milione di rifugiati rohingya in Bangladesh.

In una lettera indirizzata il 5 marzo alle autorità bangladesi, il Programma alimentare mondiale (Pam) ha precisato che l’importo della razione alimentare giornaliera passerà da 12,5 a 6 dollari per rifugiato.

L’agenzia delle Nazioni Unite ha giustificato la decisione con la “grave carenza di fondi”.

“Ce l’abbiamo messa tutta, ma purtroppo non abbiamo ricevuto finanziamenti sufficienti”, ha dichiarato Emmanuela Mashayou, la rappresentante del Pam a Dhaka.

Il Bangladesh ospita più di un milione di rifugiati rohingya, una minoranza musulmana in fuga dalle persecuzioni in Birmania. I rifugiati vivono in condizioni precarie in campi improvvisati a Cox’s Bazar, nel sud del paese.

“Le razioni alimentari dei rohingya erano già state ridotte nel 2023”, ha dichiarato all’Afp Shamsud Douza, capo dell’agenzia bangladese che si occupa di rifugiati.

“All’epoca le razioni erano state ridotte da 12,5 a 10 e poi a 8 dollari al giorno, ma stavolta si parla addirittura di dimezzarle”, ha aggiunto, esprimendo forte preoccupazione.

Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres sarà in Bangladesh la prossima settimana per incontrare i leader della comunità rohingya.

Il Bangladesh non è in grado di provvedere alle necessità dei rifugiati, la cui sopravvivenza dipende quindi dalle organizzazioni internazionali e dalle ong.

Ogni anno migliaia di rohingya lasciano i loro campi in Bangladesh e intraprendono lunghe e pericolose traversate in mare per raggiungere la Malaysia o l’Indonesia.

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Bosnia Erzegovina, il governo centrale denuncia un colpo di stato nell’entità serba

Il 5 marzo Milorad Dodik, presidente dell’entità serba della Bosnia Erzegovina, ha promulgato una legge che respinge l’autorità della polizia e della magistratura centrali.

Il governo ha reagito denunciando un colpo di stato nella Repubblica Serba, una delle due entità che compongono il paese insieme alla Federazione croato-musulmana.

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“Con le nuove norme la Repubblica Serba si riappropria finalmente del suo libero arbitrio e delle sue competenze”, ha affermato Dodik.

Il presidente, filorusso, ha poi evocato i cambiamenti sulla scena internazionale dopo il ritorno al potere di Donald Trump, di cui si è detto un sostenitore.

“Sono convinto che gli Stati Uniti non sosterranno più stati artificiali che non esistono nella realtà”, ha aggiunto, riferendosi alla Bosnia Erzegovina. Nel 2017 Washington aveva sanzionato Dodik per le sue posizioni separatiste.

Il 26 febbraio Dodik, 65 anni, era stato condannato a un anno di prigione e a sei anni d’interdizione dai pubblici uffici per non aver rispettato l’autorità del tedesco Christian Schmidt, l’Alto rappresentante per la Bosnia Erzegovina, incaricato di garantire l’applicazione dell’accordo di pace che mise fine alla guerra che tra il 1992 e il 1995 aveva insanguinato questa ex repubblica jugoslava.

Dodik aveva reagito denunciando un “processo politico”.

Le istituzioni prese di mira dalla nuova legge sono la procura di stato, che l’ha incriminato, e la corte di stato, che l’ha condannato, oltre alla Sipa, l’unica forza di polizia centrale del paese.

Le due entità che compongono il paese hanno forze di polizia e sistemi giudiziari distinti, ma la magistratura centrale è responsabile dei casi di criminalità organizzata, corruzione, crimini di guerra e attacchi all’ordine costituzionale.

Il ministro degli esteri bosniaco Elmedin Konaković ha reagito alla promulgazione della legge denunciando “il più classico dei colpi di stato” e invitando “le istituzioni della Bosnia Erzegovina a rispondere in modo appropriato”.

Ha definito Dodik il “principale istigatore del colpo di stato” e annunciato un ricorso alla corte costituzionale per ottenere la revoca della legge.

Tuttavia, con una legge approvata nel 2023 la Repubblica Serba aveva respinto anche l’autorità della corte costituzionale, ignorando poi la revoca della legge decisa da Schmidt. Il caso era al centro del recente processo a Dodik.



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