Donald Trump intensifica la guerra commerciale con il Canada, che vorrebbe annettere

L’11 marzo il presidente statunitense Donald Trump ha dato il benvenuto alla sua maniera al futuro primo ministro canadese Mark Carney, intensificando le minacce commerciali contro il Canada e ribadendo che “l’unica cosa sensata da fare è diventare il cinquantunesimo stato americano”.

Reagendo a un annuncio della provincia canadese dell’Ontario di una sovrattassa sulle esportazioni di elettricità verso tre stati americani, Trump ha affermato sul suo social network Truth Social che porterà al 50 per cento, dal precedente 25 per cento, i dazi doganali sull’acciaio e sull’alluminio canadesi, che entreranno in vigore il 12 marzo.

Ha anche dichiarato che il 2 aprile imporrà dazi sulle automobili così alti “da mettere definitivamente in ginocchio l’industria automobilistica canadese”.

“L’unica cosa sensata che Ottawa può fare è diventare il cinquantunesimo stato americano”, chiudendo di fatto la guerra commerciale tra i due paesi, ha affermato il presidente statunitense, che considera l’annessione del Canada una priorità.

Trump ha aggiunto che se il Canada entrasse a far parte degli Stati Uniti “i canadesi non dovrebbero preoccuparsi dei dazi, pagherebbero molte meno tasse e avrebbero più sicurezza”.

Ha inoltre definito “artificiale” il confine che separa i due paesi.

Il 9 marzo il futuro premier canadese Mark Carney aveva tenuto un discorso in cui si scagliava contro Trump, affermando anche che “il Canada non farà mai parte degli Stati Uniti”.

Dal suo insediamento, il 20 gennaio, Trump ha fatto una serie di annunci spettacolari sull’introduzione di dazi contro vari paesi, spesso seguiti da parziali retromarce, destabilizzando la finanza e l’economia globale.

Il Canada è gradualmente emerso come il principale obiettivo della retorica commerciale aggressiva e delle mire espansionistiche del presidente statunitense, che punta anche ad annettere la Groenlandia e il canale di Panamá.

Trump ha più volte definito la parola “dazi” una delle più belle del vocabolario, sostenendo che riporteranno le fabbriche negli Stati Uniti e ridurranno il deficit commerciale del paese, anche a costo di causare “temporanee perturbazioni finanziarie”.

Questa “età dell’oro” propagandata dal presidente statunitense convince però sempre meno gli investitori, che ipotizzano una recessione negli Stati Uniti, una cosa impensabile solo poche settimane fa.

“L’economia statunitense non può permettersi questa ferita autoinflitta in un momento in cui i rischi di recessione sono in aumento”, ha commentato l’ex segretario al tesoro Larry Summers sul social network X.

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Siria, accordo tra il governo ad interim e l’amministrazione autonoma curda

La presidenza siriana, che sta cercando di riunificare la Siria dopo tredici anni di guerra civile, ha annunciato il 10 marzo uno storico accordo per integrare nello stato le istituzioni civili e militari dell’amministrazione autonoma curda nel nordest del paese.

L’accordo, firmato dal presidente ad interim Ahmed al Sharaa e dal leader delle Forze democratiche siriane (Fds), a maggioranza curda, Mazloum Abdi, dovrebbe essere attuato entro la fine dell’anno.

Secondo un comunicato diffuso dalla presidenza siriana, l’accordo prevede “l’integrazione nello stato di tutte le istituzioni civili e militari nel nordest della Siria, compresi i valichi di frontiera, l’aeroporto e i giacimenti di petrolio e gas”.

L’accordo afferma inoltre che “la comunità curda è una componente essenziale dello stato siriano”.

È anche prevista una collaborazione “nella lotta contro quel che rimane del regime di Bashar al Assad e contro tutte le minacce alla sicurezza e all’unità della Siria”.

“Quest’accordo è il primo passo verso la costruzione di una nuova Siria, che includa tutte le sue componenti”, ha dichiarato Abdi sul social network X.

L’amministrazione autonoma curda, sostenuta dagli Stati Uniti, controlla un ampio territorio nel nord e nell’est della Siria, ricco di grano, petrolio e gas, risorse fondamentali per la ricostruzione del paese.

Il suo braccio armato, le Fds, ha svolto un ruolo chiave nella lotta contro il gruppo jihadista Stato islamico. Più di recente ha anche dovuto difendersi dagli attacchi delle milizie filoturche.

Emarginati all’epoca del regime Assad, i curdi sono stati privati per decenni del diritto di parlare la loro lingua, di celebrare le loro feste e, in molti casi, della nazionalità siriana.

Durante la guerra civile, scoppiata nel 2011, hanno però creato un’amministrazione autonoma nel nordest del paese.

L’accordo arriva quasi due settimane dopo lo storico appello di Abdullah Öcalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk, curdi di Turchia), ad abbandonare la lotta armata. L’appello è stato accolto con favore dai curdi siriani.

Negli ultimi giorni la Siria ha vissuto le peggiori violenze dalla caduta di Assad. Secondo l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani, più di 1.500 persone sono morte nell’ovest del paese nei combattimenti tre le forze di sicurezza siriane e le milizie fedeli al presidente deposto Bashar al Assad, e nelle esecuzioni di massa di civili.

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La nuova ondata di immigrazione dopo la Brexit

Più posti di lavoro per i britannici e meno immigrazione: erano queste le grandi promesse fatte da chi voleva la Brexit. Oggi, i cittadini dell’Unione che lasciano il Regno Unito sono più di quelli che vi si trasferiscono, ma sono stati in gran parte sostituiti da persone provenienti dall’Asia e dall’Africa. La richiesta di manodopera è particolarmente alta nel settore dell’assistenza e dell’agricoltura.

Il video di Arte.

Questo reportage video è prodotto dalla piattaforma europea Arte ed è disponibile in nove lingue grazie a un progetto di collaborazione tra vari giornali europei: El País (Spagna), Gazeta Wyborcza (Polonia), Internazionale (Italia), Ir (Lettonia), Kathimerini (Grecia), Le Soir (Belgio) e Telex (Ungheria). Il progetto, coordinato da Arte, si chiama Emove ed è finanziato dall’Unione europea nell’ambito delle sue politiche multimediali.

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