Truffa figli in Brasile, avvocato italiano ‘vittima’ querela il sindaco di Pedras Grandes

Truffa figli in Brasile, avvocato italiano 'vittima' querela il sindaco di Pedras Grandes

Nuovo salto di qualità nella lunga e complicata vicenda della presunta truffa dei figli in Brasile, raccontata dall’Adnkronos in tutte le sue principali tappe. L’avvocato italiano che ha reso pubblica la sua storia, Nunzio Bevilacqua, querela il sindaco, Agnaldo Filippi, di un paese brasiliano, Pedras Grandes, in cui, secondo la ricostruzione di parte, ci sarebbe la casa della matriarca, fulcro della associazione a delinquere che recluterebbe ragazze per…

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Kim Jong-un torna a spaventare l’occidente: intergrata l’IA sui suoi ultimi droni kamikaze

Come spesso accade, Kim Jong-un torna a spaventare l’occidente. I droni nordcoreani presentati questa settimana probabilmente integrano anche tecnologia di intelligenza artificiale per identificare e attaccare autonomamente equipaggiamenti militari sudcoreani e statunitensi.

A sostenerlo sono fonti autorevoli della Corea del Sud, tra cui il parlamentare di maggioranza Yu Yong-weon, dopo che sono state diffuse dai media di stato nordcoreani nuovi droni usati in esercitazioni. “Quella che stiamo vedendo è la Corea del Nord che copia la tecnologia militare da vari Paesi, tra cui Cina e Russia, e che migliora i suoi sistemi d’arma per la guerra moderna, basandosi apparentemente sulla sua esperienza dalla guerra in Ucraina, per trasformarsi completamente,” ha dichiarato Yu.

E’ stato lo stesso leader supremo Kim Jong Un ad aver guidato i test di droni “a attacco suicida” dotati di nuova tecnologia Ia all’inizio di questa settimana, secondo quanto mostrato dai media di stato nordcoreani.

Le foto pubblicate dai media di stato mostrano droni colpire obiettivi che assomigliano a equipaggiamenti militari sudcoreani e statunitensi, tra cui il sistema mobile di missili superficie-aria a lungo raggio sudcoreano e il veicolo blindato da combattimento statunitense Stryker di stanza in Corea del Sud.

Kim Jong-un torna a spaventare l’occidente: intergrata l’IA sui suoi ultimi droni kamikaze

Yu ha aggiunto che il drone a attacco suicida è probabilmente in grado di compiere attacchi autonomi, identificando equipaggiamenti militari sudcoreani e statunitensi attraverso dati addestrati. Le capacità d’attacco del drone sembrano essere state ulteriormente migliorate, considerando che la Corea del Nord aveva condotto un test simile lo scorso novembre, durante il quale i droni avevano preso di mira una vettura passeggeri, anziché veicoli militari.

Il test di questa settimana ha anche visto, per la prima volta, un quadricottero rilasciare una bomba su un bersaglio, evidenziando gli sforzi della Corea del Nord nello sviluppo di una gamma diversificata di droni d’attacco.

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Rai,Vigilanza convocata per il 3 aprile in due sedute

Rai,Vigilanza convocata per il 3 aprile in due sedute

La Commissione di Vigilanza Rai è convocata in due distinte sedute plenarie per il prossimo giovedì, 3 aprile. A quanto apprende l’Adnkronos, la prima seduta si terrà alle 8.15 e riguarderà il parere sulla nomina del presidente Rai (sono previste votazioni). La seduta delle 8.30 sarà invece dedicata all’esame dello schema di delibera del referendum abrogativi.

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Basta soldi per le armi: la mozione del Movimento 5 stelle in tutti gli enti locali e le regioni

Basta soldi per le armi: la mozione del Movimento 5 stelle in tutti gli enti locali e le regioni

Vogliamo che i soldi degli italiani vengano spesi per gli ospedali e i servizi pubblici, per ammodernare le scuole, per attenuare il caro-bollette, per rifinanziare il fondo automotive, per la prevenzione del tumore al seno e così via per tante altre cose che migliorerebbero la nostra vita.

Siamo contrari a un riarmo scriteriato che spreca i soldi dei cittadini.

Meloni e Crosetto continuano a mentire quando dicono che gli investimenti in armamenti non sottraggono risorse a sanità, scuole, asili, welfare.

Per questo il Movimento 5 Stelle con i suoi consiglieri presenterà in tutti i Consigli regionali, comunali e provinciali una mozione per impegnare le Giunte:

1) a non proseguire nel sostegno del piano di riarmo europeo “ReArm Europe/Readiness 2030”

2) al fine di recuperare i valori fondanti dell’Unione europea, a sostenere nelle opportune sedi europee la sostituzione integrale del “ReArm Europe/Readiness 2030” con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell’Unione europea quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all’occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile.

Non possiamo restare a guardare mentre si tagliano stipendi, pensioni e servizi essenziali per finanziare la guerra. È il momento di reagire!

📍Sabato 5 Aprile, ci incontreremo alle ore 13:00 in Piazza Vittorio Emanuele II per avviare insieme il corteo e raggiungere il palco finale in Via dei Fori Imperiali.

Diciamo SÌ a un futuro di pace, giustizia sociale e diritti per tutti.

Diciamo NO all’Europa delle armi. Fermiamoli!

 

Mozione-ReArm-Europe

 

Vai alla Sorgente ↣ : https://www.movimento5stelle.eu/basta-soldi-per-le-armi-mozione-m5s-enti-locali/

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Putin detta le condizioni per la pace in Ucraina: un’amministrazione transitoria del Paese sotto l’egida dell’Onu, poi elezioni democratiche e niente ingresso nella Nato

Putin detta le condizioni per la pace in Ucraina: un’amministrazione transitoria del Paese sotto l’egida dell’Onu, poi elezioni democratiche e niente ingresso nella Nato

Il presidente russo Vladimir Putin ha avanzato l’idea di una “amministrazione transitoria” per l’Ucraina, sotto l’egida delle Nazioni Unite, allo scopo di organizzare elezioni presidenziali “democratiche” nel Paese e poi negoziare un accordo di pace con le nuove autorità.

“Potremmo naturalmente discutere con gli Stati Uniti, anche con i Paesi europei, e naturalmente con i nostri partner e amici, sotto l’egida dell’Onu, la possibilità di istituire un’amministrazione di transizione in Ucraina”, ha dichiarato Putin durante un incontro con i marinai russi a tarda sera a Murmansk (nord-ovest).

“A quale scopo? Organizzare un’elezione presidenziale democratica che porti a un governo competente e che abbia la fiducia del popolo, per poi iniziare i negoziati con queste autorità su un accordo di pace e firmare documenti legittimi”, ha spiegato Putin.

“Nel contesto delle attività di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, quella che chiamiamo amministrazione transitoria è già stata utilizzata diverse volte”, ha aggiunto il leader del Cremlino, riferendosi in particolare al caso di Timor Est nel 1999.

Putin detta le condizioni per la pace in Ucraina

Questa dichiarazione arriva mentre gli alleati europei dell’Ucraina, riuniti a Parigi, hanno discusso di “garanzie” di sicurezza per Kiev, con il Regno Unito e la Francia che hanno presentato piani per il futuro dispiegamento di una “forza di rassicurazione” nel Paese, che è stato sotto l’assalto russo per più di tre anni.

Washington, che vuole a tutti i costi un cessate-il-fuoco in Ucraina, ha compiuto uno spettacolare riavvicinamento con Mosca, facendo temere a ucraini ed europei un accordo alle loro spalle.

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Caso Orlandi, in due documenti del Sismi spunta riscatto fantasma per Emanuela

Caso Orlandi, in due documenti del Sismi spunta riscatto fantasma per Emanuela

Il presunto pagamento di un riscatto. Ma da parte del Vaticano la smentita di contatti con i rapitori Emanuela Orlandi e di aver pagato. E’ quanto emerge da due documenti del Sismi, rivelati da ‘Il Venerdì di Repubblica’ sul caso della cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983.

Il retroscena

È il 27 luglio del 1983, a poco più di un mese di distanza dalla scomparsa di Emanuela e “in un appunto del Sismi, i…

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Nuovi record del Governo: frena la crescita dell’occupazione e ritardi biblici sul Pnrr

Nuovi record del Governo: frena la crescita dell’occupazione e ritardi biblici sul Pnrr

Esattamente come avviene con i numeri sul mercato del lavoro, anche sul Piano di ripresa e resilienza Giorgia Meloni vanta primati che esistono solo nella propaganda del governo. Sull’occupazione la premier ignora i dati sui salari da fame e sul Pnrr ignora i ritardi.

“La sesta Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza conferma il primato europeo dell’Italia nella sua realizzazione, per numero di obiettivi conseguiti, per risorse complessive ricevute e per numero di richieste di pagamento formalizzate e incassate”, scrive la presidente del Consiglio nella premessa.

Lo stesso governo certifica i ritardi: speso il 52% dei fondi ricevuti

Eppure lo stesso ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, Tommaso Foti, alla Cabina di regia sul Pnrr , illustrando la relazione, attesta che la spesa al 31 dicembre 2024 si è fermata a quota 63,9 miliardi di euro, superando di poco il 52% delle risorse finora ricevute. Che non ci sembra un gran risultato considerando che la scadenza del piano è fissata al 2026.

I ritardi sono stati messi nero su bianco dalla Ragioneria generale dello Stato. Ritardi che, come anticipato da Repubblica, porteranno il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a chiedere all’Europa il rinvio di un anno, al 2027, della scadenza del Piano.

La stessa Corte dei Conti evidenzia come permangano alcune criticità che richiedono attenzione costante e interventi mirati, soprattutto in vista della scadenza del Piano fissata a giugno 2026.

La richiesta delle opposizioni: la premier in Parlamento riferisca sul Pnrr

Tanto che le opposizioni, per una volta tutti i partiti, chiedono a Meloni di riferire in Aula. A intervenire sono stati parlamentari di Pd, M5s, Avs, Azione e Iv. “Il Pnrr è una straordinaria opportunità di futuro per l’Italia e fa male vedere come l’incompetenza del governo di Giorgia Meloni la stia sprecando, come conferma la relazione della Corte dei Conti. I ritardi e le maggiori criticità sono proprio lì dove il Pnrr serve di più, ovvero nelle azioni di riduzione delle disuguaglianze, come il welfare, la sanità pubblica, l’istruzione”, dichiara la segretaria del Pd Elly Schlein.

“Sia la Corte dei conti sia la Ragioneria generale dello Stato hanno certificato i ritardi e, da quanto apprendiamo ora dalla stampa, il ministro dell’Economia Giorgetti sembra intenzionato a chiedere di prorogare la scadenza del Piano al 2027 proprio a causa dei ritardi accumulati, frutto anche delle molteplici revisioni fin qui operate dal Governo. Ritardi che rendono impossibile spendere tutte le risorse mancanti entro il prossimo anno. Le responsabilità del Governo in questo senso sono evidenti; un Governo formato da forze che, quando erano all’opposizione, dileggiavano i 209 miliardi conquistati in Europa dal presidente Conte e dal M5S. Vogliamo sperare che dietro tali ritardi non si nasconda l’intenzione di buttare a mare questa grande opportunità: sarebbe imperdonabile. Dalla presidente del Consiglio ci aspettiamo parole di chiarezza”, ha detto il pentastellato Gianmauro Dell’Olio.

“La realtà dei fatti – spiega da Avs Angelo Bonelli – è che il governo Meloni naviga nel caos ma usa la propaganda e le bugie per coprire il suo disastro: da un lato il ministro Foti cerca di rassicurare tutti dicendo che va tutto bene, dall’altro il ministro Giorgetti chiede alla Commissione europea una proroga al 2027 per i progetti in ritardo. La destra sta trasformando il Pnrr in un fallimento totale”.

“L’Italia – ha detto Giulio Cesare Sottanelli di Azione – aspetta per essere competitiva. Se non riuscissimo a spendere questi soldi nei tempi e nei modi dovuti, ovviamente, sarebbe un ulteriore danno per il nostro Paese, che non ci vogliamo e non ci possiamo permettere”.

“Anche noi ci associamo alla richiesta – ha detto Maria Chiara Gadda (Iv) – perché rischiamo di fare non debito buono ma debito cattivo per cui è bene che si faccia un chiarimento sullo stato di avanzamento del Pnrr”.

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Ora legale 2025 dal 30 marzo, si dorme meno ma più luce: fa bene o no?

Ora legale 2025 dal 30 marzo, si dorme meno ma più luce: fa bene o no?

In Italia l’appuntamento è nella notte tra il 29 e il 30 marzo: le lancette faranno un salto avanti per il consueto passaggio all’ora legale. Risultato: sessanta minuti di sonno perduto. Uno ‘switch’ che divide la scienza, e anche la popolazione. Molte persone infatti si svegliano più irritabili. E forse non è un caso che negli Usa, dove il cambio ora è avvenuto il 9 marzo, secondo un sondaggio il 54% dei cittadini abolirebbe questa pratica. Ma se…

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Svolta in Sud Sudan, l’esercito riconquista la capitale

Svolta in Sud Sudan, l’esercito riconquista la capitale

Malgrado due anni di feroci e brutali combattimenti, il conflitto in Sudan continua a peggiorare. L’ultima novità di questa sanguinosa guerra civile è che le forze regolari sudanesi – che combattono contro i ribelli appartenenti alle Forze di supporto rapido, sostenute dall’esercito del Ruanda – hanno conseguito un decisivo successo militare, riuscendo a riconquistare la capitale Khartum.

A celebrare questo evento è stato il leader del Consiglio sovrano e capo delle Forze armate sudanesi (SAF), il generale Abdel Fattah al-Burhan, che ha rimesso piede – per la prima volta dall’inizio delle ostilità nell’aprile 2023 – a Khartum, venendo letteralmente assaltato dai soldati festanti presenti. Il generale ha poi visitato il Palazzo presidenziale e ha ufficialmente dichiarato la città “libera” dalle Forze di supporto rapido (RSF).

Comprensibile l’euforia del generale e dei soldati, visto che gli esperti militari occidentali ritengono che la riconquista di Khartum potrebbe rappresentare una svolta cruciale nel conflitto, anche se si dicono certi che ciò non segnerà la fine dei combattimenti. Le milizie ribelli dell’RSF, guidate dal generale Mohamed Hamdan, controllano ancora l’intera regione del Darfur – fatta eccezione per la capitale del Darfur settentrionale, El Fasher, sotto assedio da oltre un anno – e alcune aree del Kordofan. Per questo motivo, il Darfur presto diventerò il nuovo fronte di questa guerra fratricida.

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L’Unione europea abbraccia Vučić. Alla faccia della democrazia

L’Unione europea abbraccia Vučić. Alla faccia della democrazia

Nel cuore dell’Europa che predica diritti e principi, c’è posto anche per Aleksandar Vučić. Un presidente autoritario, al potere da dodici anni, che reprime le proteste studentesche e ammicca a Mosca e Pechino, trova ancora una sedia calda a Bruxelles. Ursula von der Leyen e Antonio Costa, rappresentanti di quell’Unione che si proclama custode dello stato di diritto, gli hanno offerto una cena “cordiale, concreta, aperta e responsabile”, mentre fuori dai palazzi la Serbia brucia sotto la rabbia di chi chiede democrazia.

La diplomazia, si sa, ha il gusto del compromesso. Ma qui si va oltre. L’Ue non solo non prende le distanze da Vučić, ma sceglie di ignorare ciò che accade da mesi a Belgrado: proteste di piazza, accuse di uso di armi sonore contro i manifestanti, violazioni sistematiche dei diritti civili. Il tutto in nome di una strategia che guarda più al litio della valle di Jadar che alla libertà dei cittadini serbi.

Diritti sacrificati sull’altare del litio

La presidente della Commissione, in un post su X, ha ricordato che la Serbia deve fare progressi su libertà dei media, lotta alla corruzione e riforma elettorale. Una formula di rito. Nel frattempo, però, l’abbraccio politico resta. E non è solo simbolico. L’Unione ha bisogno della Serbia, o meglio: delle sue risorse minerarie. Non a caso, Bruxelles ha inserito proprio in questi giorni 47 progetti strategici per l’approvvigionamento di materie prime critiche. Tra questi potrebbe finire anche il maxi-sito per l’estrazione di litio a Jadar. E quando c’è da scavare per alimentare la transizione ecologica europea, i diritti umani possono attendere.

Vučić, dal canto suo, ha fatto il solito gioco: si è detto pronto a “verificare” che nessun cannone sonoro sia stato usato contro i manifestanti. Poi però ha aggiunto che “il suo utilizzo non è vietato da nessuna parte in Europa” e che “negli Stati Uniti lo usano quasi ogni giorno”. Non esattamente il linguaggio di un candidato credibile all’ingresso nell’Unione europea. Ma a Bruxelles nessuno ha fatto una piega.

Secondo Srđan Cvijić, analista del Belgrade Centre for Security Policy, la percezione pubblica in Serbia è chiarissima: l’Europa sta sostenendo un regime autoritario. Anche se, va detto, qualcosa è cambiato nel tono. Niente conferenze stampa congiunte, niente “caro Aleksandar”, solo una dichiarazione scritta. Segnali minimi, insufficienti. Perché se l’Unione avesse davvero voluto lanciare un messaggio politico netto, non avrebbe scelto la via del dialogo formale nel bel mezzo delle proteste. L’avrebbe detto chiaro: così, con questi metodi, l’adesione è sospesa.

L’adesione a ogni costo, anche senza democrazia

E invece no. Vučić continua a promettere l’apertura di nuovi capitoli negoziali entro l’anno, come se l’adesione fosse una formalità. E continua a governare, benché il premier Miloš Vučević si sia dimesso il 28 gennaio e il termine per la formazione di un nuovo governo sia ampiamente scaduto. In Serbia, le regole valgono solo quando servono.

L’Europa tace. Anzi, rilancia. Von der Leyen e Costa parlano di investimenti, di futuro comune, di vantaggi reciproci. Ma la domanda è un’altra: che fine ha fatto l’Unione europea che si diceva comunità di valori? Cosa resta della Carta dei diritti fondamentali, quando Bruxelles chiude gli occhi di fronte a un regime che reprime le piazze e gioca a rimpiattino con i diritti civili?

La risposta è nella geoeconomia, nell’ossessione strategica per le terre rare, nel bisogno disperato di risorse per la transizione verde. Ma se questa è la nuova bussola dell’Unione, allora è il momento di dire le cose come stanno: la democrazia è opzionale, se il tuo suolo è ricco. E la libertà di stampa può aspettare, se prometti di riformare — prima o poi.

Nel silenzio della diplomazia, la Serbia resta sospesa: né dentro né fuori, utile ma ingombrante, tollerata perché preziosa. Un partner tossico, come lo definisce lo stesso Cvijić, che pesa sempre più sul bilancio etico dell’Ue. E che intanto, da Belgrado, continua a reprimere e governare. Con il benestare europeo.

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“Via i terroristi dalla Striscia”, a Gaza e Jabalia scoppia la rivolta dei palestinesi contro Hamas

Stremati dallo stop alle forniture di aiuti umanitari, in piena emergenza sanitaria e ancora sotto le bombe, gli abitanti della Striscia di Gaza sembrano aver preso in mano la situazione e, da tre giorni consecutivi, scendono in piazza per protestare contro Hamas. A darne notizia è il Times of Israel, che ha pubblicato una serie di video in cui si vedono folle di palestinesi radunati a Jabalia, nel nord della Striscia, con cartelli in mano su cui si legge “Fuori Hamas” oppure “Il popolo vuole rovesciare Hamas”.

Proteste su cui, per due giorni, si è registrato l’assoluto silenzio del movimento palestinese, interrotto soltanto ieri da una dichiarazione ufficiale, in cui si sostiene – senza fornire alcuna prova – che le manifestazioni sarebbero state orchestrate dai servizi segreti israeliani per screditare Hamas davanti alla comunità internazionale.

Sempre secondo il comunicato stampa, “le persone chiedono di fermare l’aggressione, ma il nemico e altre parti con programmi politici stanno deviando le proteste spontanee per servire l’agenda dell’occupazione, cercando di dipingerle come se i dimostranti fossero contro la resistenza”, ha dichiarato l’alto responsabile di Hamas Basem Naim, al canale qatariota Al Arabiya.

“Via i terroristi dalla Striscia”, a Gaza e Jabalia scoppia la rivolta dei palestinesi contro Hamas

A smentirlo è stato però Jamal Nazal, portavoce del partito palestinese Fatah – rivale di Hamas – e membro del Consiglio rivoluzionario, con un post su X in cui afferma che il gruppo mente, in quanto “le proteste a Gaza sono dirette contro Hamas e anche contro Israele”, che insieme “hanno oppresso e ucciso il popolo palestinese a Gaza negli ultimi anni”. “Le proteste contro Hamas non si fermeranno e la gente di Gaza non ha nulla da perdere”, ha aggiunto, spiegando che continueranno a manifestare per dimostrare che “l’ideologia sostenuta” dal gruppo armato palestinese “è del tutto tramontata”.

Sulla vicenda è intervenuto anche il portavoce della Commissione europea per la politica estera, Anouar El Anouni, sostenendo la posizione di Fatah: “L’Unione europea prende atto delle manifestazioni che si stanno svolgendo in tutta la Striscia di Gaza e sostiene il diritto dei gazawi a manifestare pacificamente per costruire un futuro migliore per loro stessi. Abbiamo già affermato e ribadiamo che non dovrà esserci alcun ruolo futuro per Hamas nel governo di Gaza”.

La guerra in Medio Oriente si infiamma

Consapevole di queste proteste, che potrebbero intensificarsi nei prossimi giorni, il governo israeliano sembra esultare e, ritenendo sempre più vicina la capitolazione del movimento terroristico, ha aumentato l’intensità degli attacchi nella Striscia.

Pesanti raid hanno colpito un campo profughi nel centro dell’enclave palestinese, con la rete Al Jazeera che punta il dito contro droni israeliani accusati di aver aperto il fuoco sulle tende degli sfollati, causando almeno 11 vittime.

Pioggia di bombe anche sulla città di Jabalia, dove sono state registrate diverse vittime, tra cui il portavoce di Hamas, Abdel-Latif Al-Qanoua, e numerosi civili feriti.

Le forze armate guidate da Benjamin Netanyahu non si sono fermate qui: sono stati colpiti anche il sud del Libano – con la morte di tre persone che, secondo l’IDF, farebbero parte di Hezbollah – e il porto della città siriana di Latakia.

Israele si spacca sulla riforma della Giustizia voluta da Netanyahu

Ma per Netanyahu non è tutto oro quel che luccica. Proprio ieri, il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato una proposta di legge per modificare la composizione della commissione responsabile della nomina dei giudici della Corte Suprema, con 67 voti favorevoli su 120.

Una riforma della giustizia fortemente contestata dalle opposizioni, che hanno già annunciato un ricorso, sostenendo che l’unico scopo sia quello di “garantire che i giudici diventino subordinati alla volontà dei politici al governo”.

“Questo accade mentre 59 ostaggi sono ancora a Gaza. Invece di concentrare tutti gli sforzi per riportarli a casa, questo governo sta portando avanti, ancora una volta, la stessa proposta di legge che ha diviso l’opinione pubblica prima del 7 ottobre”, hanno dichiarato. Il riferimento è alle ampie proteste popolari culminate nello sciopero generale del marzo 2023, nate dal timore che la riforma serva solo a tutelare Netanyahu dai procedimenti penali a suo carico.

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Capello, Guardiola rosica? “Ho fatto centro”

Capello, Guardiola rosica? "Ho fatto centro"

“Guardiola risentito per le mie parole? Si vede che ho centrato”. Lo ha detto Fabio Capello, ex tecnico tra le altre di Milan, Juve e Roma, a margine della cerimonia di WEmbrace Awards 2025, evento organizzato a Milano per premiare storie di inclusione e trasformazione sociale su iniziativa della campionessa paralimpica Bebe Vio.

Capello aveva rilasciato un’intervista al quotidiano spagnolo El Mundo parlando così…

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Macron detta la linea ai volenterosi e isola Meloni

Macron detta la linea ai volenterosi e isola Meloni

Le carte le danno Francia e Regno Unito, sostenute dalla Germania. L’Italia sembra, ancora una volta, isolata e appiattita sulle posizioni di Donald Trump. Il vertice dei volenterosi sull’Ucraina convocato da Emmanuel Macron ha confermato l’intenzione europea di andare avanti nel sostegno a Kiev e nelle sanzioni alla Russia. Quest’ultima una decisione presa all’unanimità: le sanzioni restano.

E resteranno finché non verrà raggiunta la pace, ha spiegato il presidente francese. Lo stesso inquilino dell’Eliseo ha annunciato al termine del vertice di Parigi l’invio di una “equipe franco-britannica” per preparare “quello che sarà l’esercito ucraino di domani”. Mentre sull’invio di peacekeeper in Ucraina “non c’è l’unanimità” tra i volenterosi, ma non viene ritenuta essenziale per far partire la missione.

Vertice dei volenterosi, la linea dura di Macron

Macron attacca le “contro-verità” spinte dalla Russia, come nel caso delle discussioni di Riad con dichiarazioni che hanno “reinventato quanto successo negli ultimi tre anni”. Per il presidente francese, Mosca sta solo “fingendo” di negoziare. Intanto assicura che l’Europa continuerà a sostenere “il popolo e l’esercito ucraino”.

Intanto i ministri degli Esteri di alcuni Paesi alleati dell’Ucraina sono stati incaricati di predisporre una proposta concreta di monitoraggio di un cessate il fuoco, da elaborare entro tre settimane. Inoltre, garantisce sempre Macron, “ci sarà una forza di rassicurazione” di cui faranno parte diversi Paesi europei, in caso di pace in Ucraina. Forze che “avranno un carattere di dissuasione nei confronti di una potenziale aggressione russa”. Su questo punto, al momento, non c’è unanimità.

Chi sta con Macron e chi no

Il primo a schierarsi con Macron è il premier britannico, Keir Starmer, che ribadisce che l’Europa si sta “mobilitando come non si vedeva da decenni”. Per Starmer è necessario garantire “una pace attraverso la forza”, fermo restando “il sostegno degli Usa” che è indispensabile per imporre a Mosca un vero cessate il fuoco.

Alleato dei due è anche il cancelliere uscente tedesco, Olaf Scholz, secondo cui l’Ucraina deve avere un “forte esercito” anche in futuro, “per i tempi di pace, al fine di evitare altre aggressioni”. “Tutte le altre discussioni vanno affrontate adesso. Ma bisogna dire chiaramente che si tratta di un dibattito su un tempo che non si è sicuri che arriverà e che potrà arrivare”, ha aggiunto Scholz.

Diversa, sicuramente più fredda, sembra essere la posizione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, secondo cui la priorità è “continuare a lavorare con gli Stati Uniti per fermare il conflitto e raggiungere una pace che assicuri la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina, auspicando il coinvolgimento di una delegazione americana al prossimo incontro di coordinamento”. Insomma, Meloni si appiattisce sulle posizioni di Trump, mentre comunque continua a chiedere di estendere il cessate il fuoco “alle infrastrutture civili, come le scuole e gli ospedali, con l’obiettivo di raggiungere un cessate il fuoco totale”.

Zelensky rilancia

A Parigi c’era anche il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che attacca Putin, colpevole di “non volere” la pace e di “voler dividere l’Europa e l’America”. “È importante che tutti capiscano – ha proseguito Zelensky – oggi la Russia non vuole una vera pace e sta prolungando la guerra. I risultati dell’incontro odierno dei leader forniscono un’importante conferma che le sanzioni contro la Russia per la guerra non dovrebbero essere revocate finché l’aggressione continua”.

Il presidente ucraino ha ringraziato la Francia e la Gran Bretagna “per la loro leadership nella coalizione dei volenterosi e dei capaci, nella coalizione della forza per la pace. La nostra unità e il nostro lavoro congiunto in Europa, con l’America e con altri partner possono costringere la Russia a fare la pace”.

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Pikachu contro Erdogan in Turchia, il video della protesta in piazza

Come estrarre foto da video

Anche Pikachu protesta contro Recep Tayyip Erdogan e contro l’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu. Nei giorni ad alta tensione, con manifestazioni e scontri in piazza, spunta un video che documenta la presenza di un manifestante particolare. Tra le proteste nella città di Antalya, ecco qualcuno vestito da Pikachu, il più celebre dei Pokemon. Pikachu, come documentano i video pubblicati su X, corre velocissimo – nonostante il voluminoso costume – per…

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Calderone smentita sulla laurea. Mentre si difende

Calderone smentita sulla laurea. Mentre si difende

Verrebbe quasi da compatirla. Rispondendo, nell’aula della Camera, a un’interrogazione del Pd e a una del M5S sulle notizie di stampa relative al conseguimento dei titoli di laurea triennale e magistrale presso l’Università Link Campus, la ministra del Lavoro, Marina Calderone, si difende dicendo che “tutti i titoli di studio oggetto delle insinuazioni sono pienamente legittimi e conformi alla normativa vigente, come certificato anche dall’istituto universitario”.

E che gli attacchi sono strumentali per colpire un esecutivo che vanta numeri record sull’occupazione. A parte che dice questo il giorno in cui l’Istat diffonde dati allarmanti sull’aumento delle persone a rischio povertà e sul numero crescente di working poor, la ministra viene smentita dallo stesso ministero dell’Università, come riporta il Fatto quotidiano e come le rammenta il dem Arturo Scotto.

Calderone smentita in Aula dal ministero dell’Università

“Pochi minuti fa è arrivata la risposta ufficiale del Ministero dell’Università che conferma come, al momento del conseguimento della laurea triennale della Calderone, l’Università Link non era riconosciuta in Italia e quindi i titoli della ministra non risultano nell’anagrafe degli studenti del Ministero dell’istruzione: Calderone non ha dunque conseguito nessun diploma triennale valido. La ministra non risponde alle domande che le poniamo, non ci spiega come si sia laureata all’Università Link, né delle le tasse pagate, né sulla validità del titolo di studio triennale. Preferisce fare quello che le fa più comodo: la vittima”, dice Scotto.

La richiesta di un’informativa urgente a Bernini

“Chiediamo un’informativa urgente alla ministra Bernini per fare piena luce sulla vicenda. È evidente come, al pari di altri suoi colleghi di Governo, Calderone non sia più credibile. Non solo per questa questione ma perché è totalmente inerte davanti ai problemi che attanagliano lavoratori, famiglie, imprese”, afferma la capogruppo del M5S in commissione Lavoro alla Camera, Valentina Barzotti.

“Siamo fanalino di coda del G20 sui salari e lei non dice una parola, se non per continuare ad esprimere contrarietà al salario minimo; abbiamo il record di poveri assoluti grazie alle scellerate politiche del Governo e lei, invece di chiedere scusa per il disastro sociale che ha combinato, continua ad attaccare con bufale di quart’ordine il Reddito di cittadinanza; muoiono sul lavoro 3 persone al giorno e lei se ne esce dicendo che c’è una diminuzione – falso, peraltro. Insomma: in questi due anni e mezzo Calderone ha fatto solo danni. La sua ‘laurea della domenica’ peggiora le cose. Per noi merita una sonora bocciatura, senza possibilità di appello”, dice Barzotti.

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Morta Cindyana Santangelo, attrice in ‘ER’ e ‘CSI’: è giallo sulle cause

Morta Cindyana Santangelo, attrice in 'ER' e 'CSI': è giallo sulle cause

É morta Cindyana Santangelo, modella e attrice che aveva recitato in note serie tv americane come ‘Sposati… con figli‘, ‘E.R. – Medici in prima linea‘ e ‘CSI‘. A riferire della morte improvvisa della donna, che aveva 58 anni, è la stampa estera.

Non è ancora nota la causa del decesso, che è avvenuto a Malibù, in California. Lo sceriffo della contea di Los Angeles ha confermato a ‘The Independent’ di aver risposto a…

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Bus precipita nel Po a Torino, è di origini abruzzesi l’autista deceduto

Bus precipita nel Po a Torino, è di origini abruzzesi l'autista deceduto

Bus precipita nel Po a Torino, muore l’autista, 64 anni, di origini abruzzesi. A bordo c’era solo lui, l’incidente nel centro della città

Chi ha visto la scena ha stentato a credere ai propri occhi, poi è passato in pochi attimi alla paura. Un pullman turistico è finito nel Po a Torino, in pieno centro, sotto gli occhi di decine di passanti e di altrettanti automobilisti, a pochi metri da una delle più belle piazze del capoluogo piemontese, piazza Vittorio Veneto. Nell’incidente ha perso la vita l’autista di origini abruzzesi, l’unica persona a bordo del bus, che si è parzialmente inabissato, tra la paura e l’incredulità di chi passeggiava lungo il fiume. Il bilancio sarebbe potuto essere molto più pesante, visto che la zona è sempre piena di passanti e turisti.

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Affittare casa è sempre più difficile. Secondo un rapporto di Idealista solo il 48% delle abitazioni sul mercato è accessibile per gli stipendi italiani

Affittare casa è sempre più difficile

Affittare casa in Italia è sempre più difficile. Solo il 48% delle case in affitto (meno di un’abitazione su due) è oggi accessibile per le famiglie italiane. Il canone di locazione richiesto nel 52% dei casi supera, infatti, la soglia di sostenibilità economica, pari al 30% del reddito a disposizione. A sostenerlo è l’Ufficio Studi di Idealista, il portale immobiliare leader per sviluppo tecnologico, secondo cui il canone di affitto sostenibile a livello nazionale è di 845 euro al mese. Tuttavia, nel quarto trimestre del 2024, l’affitto medio per un trilocale era di 893 euro mensili, con una differenza di 48 euro tra il prezzo sostenibile e quello di mercato.

La distribuzione degli affitti accessibili non è omogenea e la loro scarsità è particolarmente evidente nei grandi mercati. Infatti, Venezia si distingue come la città meno sostenibile per gli affitti con solo il 6% dell’offerta ritenuta accessibile per gli inquilini. Seguono Como (12%), Verbania (14%), Milano (15%), Firenze (16%) e Roma (20%). Scorrendo la classifica, a pari merito come città meno sostenibili per gli affittuari troviamo Bologna e Napoli con una percentuale del 28%. Altri 15 capoluoghi presentano un tasso di sostenibilità per gli affitti inferiore alla media italiana del 48%, tra questi spiccano Catania (33%), Monza (36%), Cagliari (37%), Bari (39%), Padova (43%), Verona e Torino (entrambe al 44%).

Gli affitti risultano più accessibili in 80 capoluoghi, soprattutto quelli di medie e piccole dimensioni, dove la domanda abitativa è meno intensa, tra questi spiccano Enna, Isernia, Rovigo, Oristano e Vibo Valentia. Queste città si distinguono come le più sostenibili, con il 100% dell’offerta di locazione accessibile in base ai redditi locali.

Affittare casa è sempre più difficile. Secondo un rapporto di Idealista solo il 48% delle abitazioni sul mercato è accessibile per gli stipendi italiani

Per calcolare l’affitto massimo consigliato (ovvero l’affitto sostenibile) idealista ha preso come riferimento i più recenti dati dell’Istat sul reddito (2021) per ogni capoluogo di provincia.

La città con il canone sostenibile più elevato è Milano, dove si raggiunge un budget mensile di 1.380 euro per la locazione di un trilocale. Seguono Monza (1.228 euro/mese), Bergamo (1.213 euro/mese), Bolzano (1.177 euro/mese) e Bologna (1.170 euro/mese). A Roma il canone sostenibile di un trilocale non dovrebbe superare la soglia di 989 euro mensili; mentre a Napoli la cifra di 746 euro/mese. Le locazioni sostenibili più basse si trovano a Barletta (616 euro/mese), Trapani (624 euro/mese) e Crotone (674 euro/mese).

Affitti di mercato

Secondo i dati ISTAT, le famiglie italiane sono composte in media da 2,2 persone; quindi, il trilocale può essere considerato il taglio minimo per soddisfare le esigenze abitative di una famiglia così formata. Per un trilocale a Milano una famiglia si trova a pagare l’affitto più elevato in Italia pari a 1.951 euro mensili di media. Seguono tutti i principali mercati cittadini italiani: Firenze (1.796 euro/mese), Como (1.600 euro/mese), Roma (1.438 euro/mese), Venezia (1.379 euro/mese), Bologna (1.300 euro/mese) e Napoli (1.247 euro/mese).

Questi dati indicano che in queste città, l’affitto medio per un trilocale supera significativamente l’importo che una famiglia con reddito medio dovrebbe spendere per mantenere l’affitto al di sotto del 30% del proprio reddito. Ad esempio, a Firenze, l’affitto medio è superiore di 737 euro rispetto al livello considerato sostenibile. Divari importanti anche per Como (626 euro in più), Milano (571 euro in più), Napoli (501 euro), Roma (450 euro) e Venezia, che supera di 441 euro la soglia di sostenibilità.

In compenso, i 88 capoluoghi italiani, il prezzo mediano di affitto per un appartamento con due camere da letto risulta inferiore all’importo considerato sostenibile per una famiglia con reddito medio cittadino. Ad esempio, a Belluno, l’affitto medio è inferiore di 680 euro rispetto al limite di sostenibilità; seguono Terni (-509 euro), Biella (-462 euro) e Perugia (-450 euro).

Tasso di sforzo

Le città in cui le differenze tra l’affitto sostenibile e l’affitto di mercato sono più elevate sono anche quelle che richiedono il maggior sforzo alle famiglie. Infatti, Firenze guida la classifica del tasso di sforzo più elevato per l’affitto di un trilocale con il 48%. Seguono Napoli (47%), Como (46%), Roma e Venezia (41%) e Milano (40%). Anche Massa (34%), Vicenza e Verbania (32%) e Bologna (31%) superano la soglia massima del 30% del reddito raccomandata.

All’opposto, il tasso di sforzo più basso per l’affitto di un trilocale si registra a Vibo Valentia e Terni con percentuali del 13% del reddito medio delle famiglie.

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Un italiano su 4 a rischio povertà: la guerra al reddito di cittadinanza e al salario minimo presenta il conto

Un italiano su 4 a rischio povertà: la guerra al reddito di cittadinanza e al salario minimo presenta il conto

Il colpo di spugna sul Reddito di cittadinanza e il no al salario minimo del governo Meloni presentano il conto, smontando la propaganda della maggioranza sul boom dell’occupazione. I dati pubblicati ieri dall’Istat ci dicono che nel 2023 il reddito delle famiglie italiane è diminuito in termini reali e che le disuguaglianze di reddito si stanno allargando.

Aumenta la quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, cala il reddito reale delle famiglie e peggiorano due indicatori-chiave dei divari di reddito come l’ammontare di reddito percepito dalle famiglie più abbienti in rapporto a quello percepito dalle famiglie più povere e l’indice di concentrazione di Gini.

Preoccupante il dato sulla povertà lavorativa: oltre un quinto dei lavoratori sono a basso reddito e aumenta la quota di occupati a rischio di povertà lavorativa.

Aumenta il numero delle persone a rischio povertà

La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2024 è pari al 23,1%, in crescita rispetto al 22,8% nel 2023, per un totale di circa 13 milioni e 525mila persone. Si tratta degli individui che si trovano in almeno una delle seguenti tre condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale o a bassa intensità di lavoro.

L’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si conferma essere più bassa per chi vive in coppia senza figli. Rispetto al 2023, l’indicatore aumenta per coloro che vivono in famiglie con cinque componenti e più (33,5% rispetto al 30,7% del 2023) e, soprattutto, per chi vive in coppia con almeno tre figli (34,8% rispetto a 32% del 2023).

L’inflazione riduce i redditi, aumentano le disuguaglianze

Già qualche giorno fa l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), nel suo Rapporto mondiale sui salari, aveva certificato che le retribuzioni in Italia sono inferiori di 8,7 punti rispetto a quelle del 2008, l’anno della grande crisi finanziaria. E “l’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo” e segna il risultato peggiore tra i Paesi del G20.

Ora arriva la conferma dell’Istat. Nel 2023, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 37.511 euro, circa 3.125 euro al mese.

La crescita dei redditi familiari in termini nominali (+4,2% rispetto al 2022) non ha però tenuto il passo con l’inflazione osservata nel corso del 2023 (+5,9% la variazione media annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, IPCA), determinando un calo dei redditi delle famiglie in termini reali (-1,6%) per il secondo anno consecutivo.

La diminuzione dei redditi in termini reali è particolarmente intensa nel Nord-est (-4,6%) e nel Centro (-2,7%), a fronte di una lieve riduzione osservata nel Mezzogiorno (-0,6%) e di una debole crescita nel Nord-ovest (+0,6%). Rispetto al 2007, la contrazione complessiva dei redditi familiari in termini reali è pari, in media, a -8,7% (-13,2% nel Centro, -11,0% nel Mezzogiorno, -7,3% nel Nord-est e -4,4% nel Nord-ovest).

Sale il numero dei lavoratori poveri

Una delle misure principalmente utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l’indice di concentrazione di Gini. Se calcolato sui redditi netti senza componenti figurative e in natura (definizione armonizzata a livello europeo), nel 2023, il valore stimato per l’Italia è pari a 0,323, in peggioramento rispetto all’anno precedente (quando era 0,315).

Nel 2023, l’ammontare di reddito percepito dalle famiglie più abbienti è 5,5 volte quello percepito dalle famiglie più povere (in aumento dal 5,3 del 2022).

Nel 2024 risulta a rischio di povertà lavorativa il 10,3% degli occupati tra i 18 e i 64 anni, in crescita rispetto al 9,9% del 2023.

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