La morte del figlio di Gino Paoli e il ricordo della sorella Amanda Sandrelli: «Ci innamorammo subito»

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Giovanni Paoli, figlio primogenito di Gino, è morto a 60 anni. Era ricoverato presso l’unità coronarica dell’ospedale Niguarda di Milano dopo un infarto. Giornalista, aveva lavorato per Mondadori e Rcs, da Tv Sorrisi e Canzoni a Chi. Poi era diventato direttore responsabile di DillingerNews, il sito di Fabrizio Corona. Giovanni era figlio della prima moglie del cantautore genovese, Anna Fabbri. «Non era solo un leader, era l’anima di questa redazione. Operava sempre nell’ombra, una presenza discreta ma decisiva, la calma in mezzo alle tempeste giornalistiche che spesso si abbattevano su di noi. Il suo spirito punk, quel cuore ribelle che pulsava sotto la superficie di un professionista impeccabile, ci ha subito conquistato», dicono dalle parti di Corona.

Il figlio di Gino

Giovanni Paoli era nato nel 1965, tre mesi prima di Amanda Sandrelli, figlia di Gino e Stefania Sandrelli. Paoli ha avuto altri tre figli da Paola Penzo: Nicolò, Tommaso e Francesco, nati rispettivamente nel 1980, nel 1992 e 2000. Qualche tempo fa aveva raccontato della scoperta dell’esistenza della sorella: «Nell’estate del 1972, mio padre mi fa: “Domani andiamo a conoscere tua sorella”. Io: “Ma papà, io sono figlio unico”. Lui: “No”. Mi carica in macchina e lungo l’Autosole non spiccico una parola, frastornato. Entriamo dal cancello di una villa sulla Salaria. Entriamo in casa e da una scala vedo scendere una bambina meravigliosa. Amanda e io ci annusiamo come gattini, emozionati e imbarazzati».

Amanda Sandrelli

Sandrelli ha raccontato al Corriere della Sera del fratello: «Sono cresciuta con Giovanni dagli otto ai 13 anni, eravamo sempre appiccicati, dormivamo in due letti a castello, stavamo insieme da mattina a sera. Quando sei così legato a qualcuno negli anni della crescita, ne conosci a fondo il cuore. Lui conosceva il mio, io il suo».

Poi racconta il primo incontro: «Iniziammo subito a parlare fitto fitto, innamorandoci l’uno dell’altro all’istante. Eravamo diversi, ma molto compatibili ed entrambi avevamo bisogno di un fratello o di una sorella. Io ne avevo appena avuto uno da mamma, ma era un neonato, invece, Giò era un coetaneo, una cosa forse unica al mondo. Stavamo in classe insieme, eravamo compagni di banco. Papà ci portava a scuola tenendoci per mano, Anna ci portava su un’auto sportiva, gialla, decappottabile: è stata un po’ la mia seconda mamma, la ricordo vivace, solare, con milioni di persone che la amavano».

Le due famiglie di Paoli

E ancora: «Lei e Giovanni mi hanno accolta in casa loro, sapevano solo che ero la figlia di Gino e questo è stato sufficiente per aprirmi le porte con affetto, in un momento che per me, piccola e lontana da casa, era molto difficile». Negli anni con il fratello ha mantenuto un buon rapporto: «Sapere che lui c’era era una sicurezza, sapeva dire sempre una cosa bella al momento giusto. Era la persona più buona e generosa che abbia mai conosciuto. Aveva grandi talenti e capacità dal punto di vista musicale e della scrittura, ma era schivo, troppo buono, disinteressato alla competizione e per questo ha avuto meno di quanto avrebbe meritato. Mi dispiace questo, oltre alla sua fine ingiusta. Però, penso a mio padre e a sua madre, che hanno 90 e 87 anni: a quell’età, si è fragili e io ora devo tenere la barra diritta per loro».

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La moglie di Gianluca Di Gioia ucciso da uno squalo a Marsa Alam: «Ho urlato e gridato aiuto, non veniva nessuno»

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Lo scorso 29 dicembre Gianluca Di Gioia, romano, 48 anni, è stato aggredito da uno squalo mentre trascorreva le vacanza di Natale con la famiglia nel resort Sataya di Marsa Alam, in Egitto. A tentare di dargli aiuto un altro italiano, Giuseppe Fappani, 69 anni, che è rimasto gravemente ferito. Oggi Laurence, moglie di Di Gioia, parla con il Corriere della Sera «per risarcire la memoria di Gianluca e raccontare chi era veramente». Nel colloquio con Alfio Sciacca dice che «per mesi ho ascoltato, letto e rivissuto il dramma, senza mai replicare. Io e il resto della nostra famiglia eravamo presenti e siamo testimoni diretti. Mio marito non è stato imprudente, non ha varcato alcuna soglia inibita, non ha sfidato il suo destino».

Il destino e Gianluca

I due quel giorno erano assieme in acqua. Poco distante c’era la cognata di lei Alessandra. «Eravamo nella zona cosiddetta sicura, al di qua delle boe che indicano l’inizio delle acque più rischiose. Nessuno ci aveva allertato di un possibile pericolo. Ovviamente parliamo di boe che galleggiano in acqua. Sotto non c’è una recinzione che possa bloccare l’arrivo di uno squalo», racconta Laurence. «Stavamo facendo snorkeling quando ho visto lo squalo. Era a meno di due metri e puntava dritto verso Gianluca. Ho cominciato a urlare, gli ho detto di allontanarsi, ma in un attimo lo ha aggredito. Ho continuato a gridare con tutte le mie forze, chiedevo disperatamente aiuto, ma non arrivava nessuno. Né un bagnino, né un mezzo di soccorso. Quando poi sono giunta al pontile il bagnino l’unica cosa che faceva era soffiare in un fischietto. Quell’inutile fischio ce l’ho ancora in testa e non potrò mai dimenticarlo».

Il fischietto

«Fischiava, ma nessuno si decideva a mandare un mezzo di soccorso. Una lentezza esasperante. C’erano due gommoni legati, ma non trovavano le chiavi. E quando finalmente sono riusciti e hanno riportato Gianluca sul pontile hanno perso altri dieci minuti prima che arrivasse una macchinina che lo ha portato in un ambulatorio», conclude. La madre di Gianluca, Angela, spiega che c’era anche lei: «Dal pontile ho sentito urlare prima ancora di capire che fosse mio figlio. Ricordo una voce energica, di una persona ancora in forze. Se fossero intervenuti subito, se fosse parito il gommone, se gli avessero legato la gamba bloccando la perdita di sangue mio figlio forse sarebbe ancora vivo. Invece non hanno fatto nulla. Non avevano nulla. Neanche i gommoni erano del resort».

Giuseppe Fappani

A tentare di salvarlo è stato Giuseppe Fappani: «Era in acqua e non ha esitato un momento. Con sangue freddo ce l’ha messa tutta, riportando anche gravi ferite. Non smetteremo mai di ringraziarlo per il suo gesto». Erano in vacanza con il figlio di lei, che ha 10 anni, i suoceri e la cognata Alessandra con il compagno. Una causa contro il resort non è all’orizzonte: «Non lo so e in questo momento non è quello che ci interessa. Ciò che vogliamo ora è che sia fatta giustizia del ricordo di Gianluca. Vogliamo in primo luogo un risarcimento della sua immagine e che venga ristabilita la verità dopo tante bugie che abbiamo sentito. Gianluca era una persona prudentissima. Grande viaggiatore, cittadino del mondo, rispettoso delle regole e della natura. Con il senno di poi l’unica imprudenza è stata quella di scegliere un luogo di vacanza non organizzato e non attrezzato per fronteggiare le emergenze».

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L’amico di Putin stava per andare in onda su Rai3, il caso Vladimir Solovyev da Giletti. Lo stop all’ultimo: chi è il megafono del Cremlino sulla Tv russa

«Stasera a Lo Stato delle Cose non c’è Vladimir Solovyev» conferma Massimo Giletti all’Adnkronos è Massimo Giletti, dopo lo stop che sarebbe arrivato dai vertici Rai al giornalista russo molto vicino a Vladimir Putin. A far scoppiare la polemica era stata la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, del Pd, che Giletti avrebbe annunciato la presenza di «un propagandista russo colpito da sanzioni Ue». Già la sera precedente, comunque, i vertici Rai avevano escluso la presenza del giornalista russo nella trasmissione di Giletti, secondo l’Ansa.

Chi è Vladimir Solovyev

Solovyev in Russia è popolarizzo. Dal 2005 conduce un’importante trasmissione sul canale Rossija 1 ed è considerato uno dei principali propagandisti di Putin. Le sue dichiarazioni controverse, spesso enfatiche e sopra le righe come le continue invocazioni all’uso delle armi nucleari, gli sono valse diversi riconoscimenti in Russia, soprattutto da parte del regime di Putin. Solovyev ha visto crescere il suo patrimonio di anno in anno, rendendolo di fatto un vero e proprio oligarca. 58 anni, nato a Mosca, Solovyev possiede anche due ville faraoniche sul lago di Como, per un valore totale di circa 8 milioni. Nel 2022, la villa a Menaggio, in località Loveno, era stata coinvolta in un incendio.

L’oligarca nella lista dei sanzionati Ue

Esulta l’eurodeputata Picierno, che commenta: «La libertà di stampa o di parola non c’entra nulla, Vladimir Solovjev è il megafono di Putin sulla tv Rossija 1 non è un giornalista. Vorrei ricordare che questo signore all’indomani dell’invasione dell’Ucraina diffondeva video in cui dimostrava che la Russia avrebbe potuto colpire in pochi minuti con bombe nucleari le principali capitali europee. È nella lista dei sanzionati dell’Unione Europea e la Guardia di Finanza gli ha sequestrato due ville sul lago di Como, entrambe furono scoperte dalla fondazione anticorruzione di Alex Navalny che fu arrestato per questo nel 2019. Invitarlo sulla nostra tv di Stato, oltre a configurarsi come una violazione delle sanzioni, sarebbe stato
uno schiaffo a piene mani a coloro che anche in Russia lottano per la libertà».

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