È STATA UNA SCELTA A TAVOLINO DI LETTA E ALCUNI DEL PD, PER MANDARE AL GOVERNO UNA FILO UCRAINA !!
Letta jr. respinse Conte per Kiev e il no al riarmo
L’allora leader del Pd fermò il patto voluto da Emiliano
(di Wanda Marra – ilfattoquotidiano.it) 14-luglio-2025
Non volle correre in coalizione con i Cinque Stelle e disse no anche alla desistenza nei collegi: la scelta di Enrico Letta per le politiche del 2022 fu netta. Al nord, come al sud. La storia è nota, ma oggi anche fonti vicine all’ex segretario del Pd la raccontano da un’altra angolazione: ogni tentativo di alleanza elettorale si chiuse non tanto (o non solo) perché il Movimento non votò la fiducia a Mario Draghi, ma perché Letta non intendeva coalizzarsi con chi non era d’accordo sulla linea di sostegno all’Ucraina. A tornare su quelle convulse giornate dell’estate del 2022 è stato il presidente della Puglia, Michele Emiliano, che mercoledì in un dibattito con Antonio Padellaro (che poi ieri l’ha scritto sul Fatto) ha raccontato come, dopo il sì di Giuseppe Conte e Beppe Grillo, cercò di convincere Enrico Letta agli accordi nei collegi. Ricevendo un netto rifiuto. Dice Emiliano: “Con un’intesa del genere avremmo potuto pareggiare le elezioni con la destra e forse avremmo anche potuto vincerle”. Parole pesanti, che Letta non smentisce. Emiliano poi l’appello lo lanciò lo stesso in un’intervista al Fatto prima delle elezioni: “Facciamo confluire i consensi nei collegi, non importa se su noi o su Conte”.
Le divergenze tra Letta e Conte nei mesi erano state pesanti: sull’aumento del 2% del Pil nel 2024 per le spese militari si era consumata una rottura palese. E poi, il leader del Movimento, dopo aver approvato il primo decreto con cui si autorizzava l’invio di armi all’Ucraina, già nel maggio del 2022 diceva che avrebbe detto no a nuovi invii. Per Letta, la linea del Piave. Ma nella sua scelta non era da solo. Il 20 luglio, il giorno della sfiducia a Draghi in Senato erano riuniti in una sorta di war room, insieme a lui, il fedelissimo Marco Meloni, i ministri Lorenzo Guerini, Dario Franceschini, Andrea Orlando. Tutti concentrati sul convincere Conte a cambiare idea sul voto. Il 26 fu tutta la direzione del Pd a votare la relazione del segretario, scelta di non allearsi con il Movimento compresa. Per la desistenza nei collegi si continuò a lavorare. Il Pd del Nord era però contrario: si aspettava l’alleanza con Calenda, anche quella poi fallita. A Sud tra gli altri ci provò – inutilmente – fino all’ultimo anche Francesco Boccia. Emiliano ha lanciato accuse anche più gravi: “Sono convinto che la volta scorsa abbiamo perso le elezioni perché si è deciso a tavolino di far vincere Giorgia Meloni”. La premier era su posizioni convintamente filo-Ucraina. E così riecheggiano le parole di Gustavo Zagrebelsky in un’intervista a Micromega del luglio 2022, sulle vere ragioni dell’anatema della dirigenza del Pd contro i 5S: la ragione non risiederebbe nella caduta del governo Draghi, “ma nel fatto che su alcune questioni di politica estera e di politica militare il Movimento abbia assunto posizioni leggermente autonome rispetto al blocco Nato-Europa atlantica-Stati Uniti”.
Dopo la rottura, Conte e Letta non si sono praticamente più visti. Eppure Letta era diventato segretario sulla linea Bettini-Franceschini, quella dell’“amalgama” Pd-5S. Il rapporto tra i due iniziò ad incrinarsi in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica: Letta ha sempre sostenuto che non era vero, come affermato da Conte, che c’era l’accordo su Elisabetta Belloni. E non aveva gradito il vertice dell’avvocato con Matteo Salvini. La vicenda fa parte del passato, ma la questione è quanto mai attuale: Pd e 5S continuano a dividersi sulla politica estera. Anche se nel frattempo al Nazareno è arrivata Elly Schlein.
Donato Corona